Di cosa hanno bisogno le donne per scrivere un romanzo?

«Ma insomma, potreste dire, ti avevamo chiesto di parlarci delle donne e il romanzo – cosa ha a che fare , questo, con una stanza tutta per sé?» 

Ah, Virginia Woolf. Di cosa difetterebbe la mia concezione delle donne, del romanzo e della vita senza questa autrice? Difetterebbe di molto, a lei devo tanto, tantissimo. Il mio primo incontro con Virginia fu durante una lezione di danza. Strano, no? La mia insegnante, attendendo che noi bambine fossimo vestite e infiocchettate, leggeva un piccolo libricino color mattone; le gambe accavallate dolcemente l’una sull’altra e i capelli rossi, legati in un rigorosamente stretto chignon, accoccolati nel suo pugno.

Io ero una bambina curiosa, forse in modo eccessivo, e odiavo dover aspettare le mie compagne che ci mettevano sempre troppo tempo a vestirsi e infilarsi le mezze punte. Così, quel pomeriggio piovoso in cui mi madre mi stava guardando dalla finestra sbarrata che affacciava sulla palestra della scuola, uscii dallo spogliatoio e mi accucciai al fianco della mia insegnante. Nicoletta, questo era sul nome.

«Nicoletta…» bisbigliai come chi sa di interrompe un pensiero profondo «Anche io ho tanti libri. Questo è il tuo preferito?».

La sua risposta fu tanto vaga quanto curiosa: «Io non ho libri preferiti, ma questo lo è, senza dubbio». Non capii mai cosa volesse intendere. Fatto sta che io, ficcanaso come sempre, piegai di lato la mia testolina e lessi il titolo di quel volumetto di un’edizione antica: Una stanza tutta per sé. Un titolo che pizzicò la mia invidia: io non avevo una stanza tutta per me; la mia cameretta era divisa a metà da una linea immaginaria che solo io e mia sorella sapevamo esistesse. Cosa poteva esserci di sensazionale e rivelatore all’interno di quel libro? Già il titolo prometteva bene.

Quando la lezione di danza terminò, il mio primo pensiero fu quello di chiedere a mia madre di acquistare il libro. Rifiutò, com’era giusto, perché una bambina di sette anni non poteva comprendere la lunga serie di conferenze della Woolf. Me ne dimenticai presto, come di tutti capricci.

Al liceo, la professoressa di inglese ci affidò la lettura di Gita al faro. Lo lessi tutto d’un fiato, affascinata dal flusso di coscienza, dalla continuità delle parole e degli eventi. L’autrice, che fino ad allora mi era sconosciuta, agguantò con lunghi artigli il lato femminista della mia anima. Cercai la lista dei suoi romanzi e, dopo un bel pomeriggio a scartabellare indici e liste, lo trovai, come si ritrova un giocattolo d’infanzia: Una stanza tutta per sé.

Non starò a elencarvi gli avvenimenti della vita dell’autrice, né la durata delle sue due conferenze riportate in questo libro. Oggi voglio parlare solo del pensiero di Virginia Woolf e, se riuscirò a incuriosirvi, sarete voi a darmi un’opinione. Se vuole scrivere romanzi una donna deve avere del denaro e una stanza tutta per sé. La guida dell’autrice, il cui volto rappresenta la combattuta emancipazione femminile, dimostra come sia dovere delle donne saper leggere la storia non solo attraverso i suoi eventi ma, soprattutto, attraverso i suoi vuoti. Dove sono le donne? Dove sono le donne libere? Questo il fine delle conferenze di Virginia.

Why did men drink wine and woman water? Perché gli uomini bevono il vino e le donne l’acqua? Cosa differenzia la natura dei due sessi? Queste le questioni che gravitano intorno agli scritti della Woolf. Un pensiero che raramente si dilegua nell’esagerazione e nel melodrammatico; un pensiero costante, lucido e logico. Virginia si tormente all’idea che le grandi opere che parlano di donne siano state scritte da uomini. Anna Karenina, ad esempio. Cosa possiede l’universo femminile che incuriosisce così tanto gli uomini? Cosa abbiamo noi donne che li spaventa al punto di temere l’uguaglianza?

Virginia Woolf - Gloria Macaluso

Virginia è molto pratica nel ragionare sui suoi dubbi: le donne hanno necessità di soldi, come gli uomini, per scrivere un romanzo e, come gli uomini, hanno bisogno di una stanza per loro, un rifugio.

Ho amato questo saggio, un libro che mi ha accompagnata negli anni e le cui riletture non sono mai troppe. La Woolf non pone il suo obbiettivo verso una risoluzione delle pretese maschili di conoscere le donne; al contrario, i suoi ragionamenti restano spesso irrisolti. Questa, l’onestà della scrittrice, una delle qualità che chiunque vuole scrivere dovrebbe possedere.

Non consiglio questo libro a colore che ritengono il femminismo un’insolenza, un attacco politico o sociale. Consiglio questo libro agli uomini, prima che alle donne; e alle donne che amano gli uomini, che soffrono, che gioiscono, che vivono.

Il saggio: Una stanza tutta per sé. Testo inglese a fronte

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A presto,

Gloria

17 risposte a “Di cosa hanno bisogno le donne per scrivere un romanzo?”

  1. Ho il libro in lingua originale da iniziare, comprato a Londra. Visto che di stanze tutte per me nella mia vita nemmeno l’ombra (sono passata da quella divisa con mio fratello a quella con il mio ragazzo), per non parlare poi dei soldi, io ho optato per una città tutta per me, Londra appunto, dove ho abitato due mesi da sola. E confermo, ho scritto tantissimo. Insomma, Virginia ha sempre ragione 🙂

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  2. Non ho mai letto nulla di Virginia Woolf. La piacevole lettura di questo tuo articolo mi ha davvero incuriosita e ho tutta l’intenzione di provvedere alle mie lacune sull’autrice, sperando magari di provare un amore come quello che emerge dalle tue parole!

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    • Ciao Giulia! Spero davvero che tu possa appassionarti a questa autrice eccezionale! Per l’approccio, come dico nell’articolo, inizierei proprio con “Una stanza tutta per sé”. Se la leggerai, fammi sapere cosa ne pensi! Grazie per il tuo commento 😀

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  3. […] Per fare qualche esempio: La letteratura e il male di Georges Bataille, in cui l’autore argomenta splendidamente il legame indissolubile tra lo scrivere letteratura e il male visto come senso di colpa attraverso l’analisi di autori come Kafka, Proust, Emily Brontë e Baudelaire (di cui trovate un mio precedente articolo qui: Baudelaire – Consigli ai giovani scrittori). Oppure, La vita è una guerra ripetuta ogni giorno di Oriana Fallaci, in cui la giornalista spietata e meravigliosamente cruda spiega perché odia la guerra, da dove nasce quest’odio e perché la guerra è sempre in agguato anche negli apparenti periodi di pace. Come posso, poi, non parlare di Virginia Woolf e del suo Una stanza tutta per sé, sul quale ho scritto un articolo poco tempo fa Di cosa hanno bisogno le donne per scrivere un romanzo? […]

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