Editing – le 5 regole di un buon editor

Editor Gloria Macaluso

«Quando il libro nuovo arriva ancora “caldo”, poco più grande di un pane a cassetta, col suo sapore fatto di parole, speranze e delusioni condivise giorno dopo giorno, lo si sente nella mano come un alimento». Questa frase di Valentino Bompiani è una delle prime che mi ha spinto a diventare un editor.

Editare un testo è stressante, non posso che ammetterlo. Ma il fondatore della Casa Editrice Bompiani è riuscito a creare un’immagine meravigliosa: il manoscritto puro, caldo come un alimento. È così che percepisco la prima stesura di un romanzo. Come una torta appena uscita dal forno che deve raffreddarsi prima di essere assaporata appieno; una di quelle che bisogna decorare e guarnire.

Quando leggo un testo per la prima volta e devo immergermi in ogni sua parola per modificarla, correggerla o trovarne una più pertinente, non posso fare a meno di ricordarmi che dall’altra parte c’è uno scrittore che ha appena “sfornato la sua torta” e si aspetta che piaccia a tutti.

Per questo motivo – e per un profondissimo senso di sacralità nei confronti della scrittura – ho stilato una lista di 5 princìpi che ogni buon editor dovrebbe tenere presente quando si appresta alla revisione di un’opera.

1 – CAPIRE PRIMA DI CAMBIARE

Mi è capitato parecchie volte di incappare in editor che modificavano una parola o un’intera frase cambiandone così anche il senso. Questo accadeva proprio perché lo stesso editor non aveva capito il significato. Cambiare una frase senza averne compreso il senso è uno degli errori che non riesco proprio a perdonare: insomma, dall’altra parte l’autore potrebbe dire questo non ha capito nulla! E avrebbe ragione, eccome.

Per questo, ogni buon editor dovrebbe leggere, leggere e rileggere il testo prima di modificare anche una singola virgola. Personalmente, quando affronto un testo, per prima cosa voglio sapere di cosa tratta:

  • la prima lettura è neutra; affronto il testo come se leggessi un articolo sul giornale o un racconto in qualche rivista letteraria.
  • quando rileggo il testo – due o tre volte a seconda della necessità e della complessità –  lo faccio con una logica differente: frugo nei significati, all’interno dei personaggi e appunto le motivazioni di ogni avvenimento. Dopodiché controllo l’ordine di fabula e intreccio, la sintassi e la struttura delle frasi. Terminata la fase “tecnica”, mi concentro sui significati e aggiusto le metafore o le immagini poco chiare.
  • L’ultima lettura si concentra sulle piccole imperfezioni, i refusi o le ripetizioni.

2 – FORMA, CONTENUTO & GRAFICA

L’editing si distingue, solitamente, in tre tipologie:

  • Editing formale. Questo approccio è il primario quando si affronta un testo. Si tratta, in poche parole, di un’approfondita correzione di bozze, attraverso cui l’editor analizza la grammatica, la sintassi e l’utilizzo delle parole. Alcune espressioni poco azzeccate o periodi particolarmente complessi vengono aggiustate e modificate. L’editor controlla lo stile, le ripetizioni, i refusi, la correttezza delle espressioni verbali e del loro utilizzo; l’esattezza delle subordinate e delle coordinate, le cacofonie, gli anacoluti e l’utilizzo dei segni di punteggiatura.
  • Editing contenutistico. Il contenuto, il succo del testo, dovrebbe essere la prima cosa che l’editor valuta. Si tratta del processo più interessante, a mio parere e analizza una serie di aspetti inerenti al contenuto, appunto:
    • la trama,
    • la cronologia degli avvenimenti,
    • le caratteristiche dei personaggi,
    • lo stile generale,
    • i conflitti,
    • la risoluzione dei conflitti,
    • le motivazioni,
    • gli avvenimenti.

Attraverso queste osservazioni, l’editor dovrebbe proporre cambiamenti, sistemare i disaccordi temporali, eliminare la ripetizione di avvenimenti, compilare le schede dei personaggi, appuntare il canovaccio della trama, far concordare ogni aspetto dei conflitti e della loro risoluzione. Inoltre, dopo l’aspetto del contenuto vero e proprio, l’editor si soffermerà su: target al quale è rivolto il testo, utilizzo dei vocaboli, tipologia di genere e intento del messaggio che lo scrittore vuole trasmettere.

  • Editing grafico. Quest’ultima tipologia, l’ultima anche in ordine temporale, altro non è che l’impaginazione del manoscritto. A seconda delle norme della CE al quale vorrete proporre il vostro libro, ogni manoscritto deve essere impaginato seguendo criteri più o meno generali. L’interlinea, il carattere, i colori, i rientri, ecc. Potete trovare maggiori informazioni qui: Case Editrici – Come proporre un manoscritto

Come avrete notato, il lavoro dell’editor è particolarmente soggettivo. Chi dice che una parola è meglio di un’altra? Per questo motivo, personalmente tendo sempre a immedesimarmi nello stile dello scrittore e assorbire il messaggio che questo vuole trasmettere attraverso la propria scrittura.

3 – FARE DOMANDE NON GUASTA MAI

Perché il libro si intitola così? Spiegami meglio il carattere del tuo protagonista. Qual è il tema del romanzo? E il significato? 

Credo di essere la persona che pone più domande in assoluto ai propri autori. A volte, questo li spaventa, lo ammetto, poiché nemmeno loro hanno tutte queste risposte da fornirmi. Ma il punto sta proprio qui: porre domande, anche le più assurde, costringe lo scrittore a scavare nel profondo della propria opera e lo ispira a continuarla, modificarla, capirla appieno.

Molto spesso, gli editor si limitano a correggere il testo, senza avvicinarsi davvero alla scrittura e alla persona che sta dietro il computer. A parere mio, questo è un errore che nessuno dovrebbe compiere. La relazione tra editor e autore parrebbe simile a quella che studiava Freud tra paziente e psicoanalista. Ora, non dico che dobbiamo innamorarci, ma creare un rapporto di fiducia stabile è più che necessario per portare avanti un progetto tanto impegnativo ed elettrizzante come la correzione di un romanzo.

Per cui, invoglio ogni editor a interessarsi agli scritti e porre di conseguenza tutte le domande che gli saltano in mente; agli autori, consiglio di scavare nella memoria per poter rispondere e non si sa mai che ne venga fuori qualcosa di buono!

4 – TU SEI IL NONNO

Sostituirsi ai genitori non è mai una buona idea. Tu, editor, sei il nonno del manoscritto, non suo padre. Essere comprensivo è la tua caratteristica, ma se papà dice sì, è sì; se dice no, è no.

Ho incontrato molte persone le quali decisioni sui testi erano irremovibili; i poveri autori accettavano controvoglia o piantavano lì la relazione. Credo che ogni cambiamento sostanziale all’interno di un testo debba essere discusso insieme tra autore e editor, non deciso a prescindere. Dopotutto, molto di quello che leggiamo è influenzato dal nostro gusto personale, per cui se qualcosa non ci piace non abbiamo il diritto di decidere a chi altro non debba piacere.

5 – SIATE ONESTI

Gli scrittori, me compresa, sono pieni di speranze. A volte si tratta di speranze fondate, altre volte no. Essere onesti con gli autori è il primo passo per creare il rapporto di fiducia del quale parlavo prima.

Se lo scritto va rivisto, allora è bene che voi vi impegniate per rivederlo e lo facciate in modo sincero. Se, al contrario, il manoscritto non ha bisogno di grandi correzioni, non fatele.

A volte, gli editor sono invidiosi o, semplicemente, li pervade un assurdo senso di supremazia sul testo. La sincerità è ciò che distingue un buon editor da un ciarlatano, fidatevi.

***

Conclusioni. Nessuno, né editor né autori, dovrebbe imporre alcuna regola quando si tratta di scrivere. Considero il mio lavoro uno “stile di vita”, una meravigliosa finestra che si apre sui pensieri dei nuovi scrittori e di quelli meno nuovi. Per questo, l’ultimo consiglio che mi sento di dare a entrambe le parti è leggere e continuare a imparare. Perché il lavoro dell’editor, come quello dello scrittore, implica l’interesse per il mondo e per coloro che lo compongono. 

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A presto,

Gloria

24 risposte a “Editing – le 5 regole di un buon editor”

      • Grazie! Conosco la scuola, è molto costosa, purtroppo! Io abito a poco meno di un’ora da Milano e ho avuto l’occasione di partecipare a cinque lezioni sull’editing due anni fa, grazie a una conoscenza di mio padre che mi ha fatto risparmiare un bel po’! Questo che mi dici è davvero fuori dalle prospettive economiche dei poveri mortali 😀 Mi farebbe piacere, lo ammetto, ma sempre a Milano ci sono incontri gratuiti altrettanto interessanti! Se lo frequenterai, fammi sapere come ti sarai trovata 🙂 A presto

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      • Sì, è vero che costicchia, ma tirerò la cinghia fino ad allora per ammortizzare. Poi a me occorre proprio qualcosa di molto strutturato, se voglio farlo in modo serio partendo da zero. PS: hai visto del mio Royal baby? è arrivatoooo

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  1. Penso che la revisione di un manoscritto sia davvero un compito ingrato, a partire dal fatto di dover leggere e rileggere più volte un testo che ormai conosci fino allo sfinimento.
    Ho una domanda da farti: dopo aver letto un testo definitivo, hai mai consigliato a qualcuno/a di cambiare mestiere?

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    • Ciao, Vittorio!
      A me piace leggere e rileggere e rileggere… ogni volta trovo qualcosa di nuovo 😌 e per rispondere alla tua domanda: sì. Mi è capitato due o tre volte di imbattermi in un manoscritto che, nella più oggettiva delle valutazioni, non meritava nulla. Non ho mai detto di “cambiare mestiere”, perché non ho il diritto di dire cose del genere, ma ho vivamente consigliato di studiare, leggere e migliorare la propria scrittura, anche attraverso un editing affiancato per poi riscrivere completamente tutto da capo. Nessuno è perfetto!

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      • Certo, si può sempre migliorare, ma non lo diresti nemmeno se la persona fosse veramente priva di un poco di talento?
        In fondo l’editor può correggere qualcosa, ma non deve scrivere completamente da zero.

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      • Certo! Sono d’accordo! Sinceramente non ho mai trovato nulla di davvero incorreggibile, o sul quale non si potesse lavorare. Quando mi è capitato di affrontare un testo malconcio ho sempre consigliato di ricominciare dopo uno studio accurato. Quando mi ripresentavano il testo, la maggior parte delle volte verificavo che erano migliorati. Quando non lo erano, consigliavo loro di rivolgersi a un ghostwriter che fosse disposto a scrivere un romanzo intero, perché capita che la voglia di raccontare una storia – che magari è anche una bella storia – sia più forte del talento assente!

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  2. Gran bella lista, Gloria! Sono d’accordo con tutti i punti da te riportati. Nella mia limitata esperienza di editing, ho notato che bisogna essere diplomatici e “scaltri” nel rapportarsi con l’autore. Sono un fautore della comunicazioni tra le due figure: l’importante è convincere l’altro della bontà delle modifiche apportate. Io stesso, nella parte dell’autore, cerco di raggirare gli editor con le mie ragioni 😛 e funziona!

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