Scienze Umane per scrivere: come usare la psicologia in un romanzo

© Editor Gloria Macaluso

«La mia psiche non è una serie di strati di coscienza rigorosamente chiusi in sé stessi e impenetrabili a ciascun altro. La mia coscienza è radicalmente volta verso il mondo, verso le cose; è soprattutto rapporto con il mondo. La coscienza altrui è anch’essa, prima di tutto, un certo modo di comportarsi di fronte al mondo. È allora nella condotta dell’altro, nella sua maniera di trattare il mondo, che io posso trovarlo» M. Marleau – Ponty, Il bambino e gli altri, 1968.

Il mio percorso scolastico è stato, tutto sommato, lineare. La mia passione per tutto ciò che riguarda le Scienze Umane è probabilmente nata dal lavoro di mia madre, assistente sociale. Contemporaneamente agli studi, sentivo crescere in me l’amore per la scrittura. Così ho pensato che le due cose non possono far altro che convivere.

In questa serie di articoli le Scienze Umane saranno “piegate” allo scopo della scrittura, dello scrivere scavando la psiche, i contesti sociali, antropologici e lo sviluppo pedagogico. Perdonatemi il titolo generale, ma essendo questo il primo articolo di una lunga e spero interessante serie, volevo rendere il concetto più chiaro possibile.

Per creare le basi di quanto andrò a esporre (per chi non ne fosse a conoscenza) dirò che le Scienze Umane si suddividono, a grandi linea, in quattro macro – categorie:

  • Psicologia, ovvero lo studio dell’individuo e delle funzioni celebro – comportamentali in determinati e svariati contesti.
  • Pedagogia, ovvero lo sviluppo della vita umana a partire dalle sue origini in differenti contesti culturali e sociali; lo sviluppo del bambino e le capacità che esso acquista nonché le pratiche di educazione più svariate.
  • Sociologia, ovvero lo studio delle diverse società e organizzazioni, la struttura della “massa” e delle “élite”, se così si può dire, nei differenti periodi storici e culturali.
  • Antropologia, ovvero lo studio e la scoperta dei popoli, delle organizzazioni sociali in contesti radicalmente differenti l’uno dall’altro, opposti e complementari, analizzati attraverso metodi e sperimentazioni differenti.

Come potete ben capire, nessuna di queste scienze può sopravvivere se non in stretto, strettissimo, contatto con l’altra. Si tratta, forse, dell’aspetto più interessante delle stesse scienze.


In questo primo articolo, come ho già detto, mi concentrerò sulla branca della psicologia e partirò da Kurt Lewin e dalle sue ricerche in merito allo sviluppo sociale

Secondo Lewin «l’ambiente e la persona rappresentano lo spazio di vita di un individuo. Non è possibile studiare le caratteristiche psicologiche del soggetto astraendolo dal suo contesto: sarebbe come considerarlo all’interno di un involucro trasparente, che impedisce il contatto con l’ambiente di vita, che necessariamente impone un continuo processo di adattamento». 

Come si intuisce da questa affermazione, Lewin considera l’ambiente e la persona come elementi base di uno “spazio di vita”. Non è forse ciò che accade (o dovrebbe accadere) anche all’interno di un romanzo? Il personaggio e l’atmosfera sono strettamente correlati tra loro e possono esserlo in maniera differente. Ad esempio, si potrebbe pensare che il personaggio/individuo si trovi in un ambiente che non rispetta le sue predisposizioni (insomma, un pesce fuor d’acqua), ma questo non significa che tra lui e il suo contesto non sussista una correlazione. Qui, Lewin sviluppa il concetto di sistema di tensione ovvero la tensione provocata da un ambiente che non risponde ai bisogni dell’individuo.

Mettiamo caso che il vostro personaggio, un imprenditore di successo, si ritrovi in uno sperduto villaggio dove manca perfino la connessione alla rete: il suo sistema di tensione sarà ai massimi storici e i suoi bisogni non troveranno riscontro nell’ambiente nel quale è capitato. Come risolvere la situazione? Ecco che Lewin, che lo ricordo è stato psicologo e non scrittore, introduce il concetto di programma di lavoro ovvero la risposta del comportamento individuale alle sollecitazioni dell’ambienteciò che noi scrittori chiameremmo “conflitto e risoluzione”

Come ho sempre sostenuto, il personaggio deve necessariamente trovarsi in un conflitto, in una situazione non semplice da risolvere e che, possibilmente, vada contro un desiderio interiore. Qui, la definizione di programma di lavoro si inserisce perfettamente: il personaggio si deve adoperare per risolvere il conflitto e quindi appagare il bisogno fino ad allora inappagato che si presenta in un ambiente sfavorevole. Per scrivere questa situazione, bisognerà che il narratore evidenzi in quale stato d’animo si trova il personaggio stesso e che lo correli all’atmosfera (della quale ho parlato abbondantemente in questo articolo: Scrittura Creativa – l’ambientazione come sfondo protagonista).

Ma, poniamo il caso che il nostro soggetto non si trovi in un ambiente sfavorevole: cosa può scuoterlo? In questo caso è necessario ricordare che l’ambiente e l’atmosfera non sono unicamente il luogo fisico in cui si trova il personaggio. Un ambiente può essere anche un gruppo di persone, una situazione imbarazzante o stimolante, un’esperienza nuova o anche solo una persona. In questo caso, il fattore che Lewin pone in analisi è l’insieme della persona composto dal carattere che racchiude sia i tratti, sia il bagaglio di esperienze, memorie e cultura di una singola persona. Il nostro personaggio potrebbe ritrovarsi dunque in un ambiente (situazione, gruppo, esperienza,ecc) che provochi in lui uno stato di tensione pur trovandosi nel luogo fisico abituale.

Il nostro imprenditore, nel suo appartamento in centro città, rientrato da una giornata di lavoro, si ritrova un ladro nel salotto. Come reagirà? Il concetto di reazioni ha, anche qui, sorgente psicologica. La risposta dell’individuo si svilupperà a seconda del suo insieme (l’insieme della personae dovrà essere estremamente coerente con esso. Qui sta l’importanza della caratterizzazione (lascio il link a un articolo in merito: Scrittura Creativa – caratterizzare il personaggio 1il personaggio deve possedere un Io definito per poter rispondere a ogni sollecitazione da parte dell’ambiente.

I casi possono, ovviamente, variare da personaggio a personaggio come fanno da individuo a individuo. Se, ad esempio, il vostro protagonista fosse una donna affetta da bipolarismo, sarebbe difficile mantenere una risposta coerente per ogni bisogno, ma qui sta l’accuratezza dell’autore nel rendere ogni personaggio unico e, almeno per quanto possibile, in linea con sé stesso.

Il fattore dello sviluppo sociale in un contesto definito è uno dei principali motori per la narrazione: capire come funziona la psiche di un individuo e come esso può reagire a una situazione/ambiente è indispensabile per scrivere una trama che si regga in piedi. Per cominciare, potreste immaginare il vostro personaggio nelle più svariate situazioni (al bar, con la febbre, a un appuntamento, in mezzo a una rapina, al parco, su un aereo, ecc) e chiedervi: come reagirebbe il mio personaggio in coerenza con il suo insieme di fattori culturali, di memoria, di valori, di ambiente, di conoscenze, ecc? Una volta stilata questa lista potete analizzarla per comprendere quali sono i tratti caratteriali del vostro soggetto/personaggio e sviluppare così il giusto insieme della persona che possa sviluppare le tensioni coerenti con l’ambiente che lo circonda, rispondendo ai bisogni in maniera adeguata e, quindi, risolvendo o adoperandosi per risolvere il conflitto letterario. 

«Nell’individuo si forma un sistema di tensioni che crea con l’ambiente un campo di forze, a volte conflittuale, se i vincoli imposti sono avvertiti come troppo rigidi». Kurt Lewin, Teoria e sperimentazione in psicologia sociale, 1947.

***

Per oggi, direi che le nozioni sono sufficienti. Vorrei ribadire che questa serie di articoli spazierà in tutti i campi delle Scienze Umane (che sono, per la stragrande maggioranza, utilissimi nella scrittura), partendo da quelli più elementari – come l’articolo che avete appena letto – fino a quelli più complessi e articolati.

Spero di avervi aiutato e di aver suscitato un po’ di curiosità in merito a questo argomento.

Giovedì 20 settembre sarà online il secondo articolo, vi aspetto!

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Vi ricordo che la prossima settimana pubblicherò l’intervista con l’autore più gradito dell’iniziativa Tre racconti per… correte a leggerla per aiutare i nostri autori a crescere!

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A presto,

Gloria

24 risposte a “Scienze Umane per scrivere: come usare la psicologia in un romanzo”

  1. Seguirò senz’altro questa serie di articoli! 😍 Adoro la psicologia e mi piace scoprire i perché dei comportamenti umani. Penso che per scrivere un romanzo sia davvero necessario farsi tante domande riguardo l’agire e la psicologia dei personaggi creati, e credo sia importante una bella dose di empatia.

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  2. Boh, le scienze umane senza fisiologia sotto, per me non sanno di nulla…

    I circuiti cerebrali che regolano emozioni, comportamenti di base fino ai superiori e movimento, sono più vecchi della specie umana stessa.

    Le scienze sociali sono un raccoglimento a fattore comune un po’ grossolano, a mio parere.

    Ma la mia è chiaramente una visione di parte 🤷🏼‍♀️

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    • Le Scienze Umane studiano sia la fisiologia sia le reazioni chimiche e la composizione organica della mente; insomma, l’infarinatura generale delle neuro scienze… è necessario come base, ovviamente! Sono riconosciute come “scienze” a tutti gli effetti 🙂

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      • Purtroppo, non in accezione generale: le mie amiche che hanno studiato psicologia all’università hanno imparato a memoria i nomi di qualche area e vagamente cosa fanno, ma poca roba (vergognoso, per un corso di laurea)

        mentre il mio psicocoso alla scuola di psicoterapia si è sciroppato tutto il Kandel (tra i dieci libri più belli del mondo, secondo me).

        Trovo incredibilmente affascinante il tappeto di lucine che nella fantasia (o nelle analisi a fluorescenza) si accendono e spengono, in un sacco di modi diversi, con correnti che schizzano da una parte all’altra.

        O come funzioni l’ippocampo, e le vie con cui il sonno le plasma.

        Le abitudini personali influenzano l’hardware a più livelli, etc.

        Potrei parlarne ore (ne ho tutta l’intenzione, ovviamente non qui).

        Io e il mio vecchio compagno di stanza, ora radiologo, tempo fa parlavamo di libri. Lui, romanaccio di origini sarde chiosò bene:

        “Beh, il Kandel è il libro più bello del m…. no vabbè: il libro più bello del mondo è Harry Potter”

        ma il Kandel è un secondo vicino 🙂

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      • Credo dipenda dalla facoltà universitaria scelta, senza offesa alcuna s’intende.

        Già durante il mio percorso di studi al liceo abbiamo più che analizzato le funzioni neuro scientifiche a livello approfondito. Io ho poi preso una strada differente, Lettere, ma ho la testa piena di “Principi di neuroscienze” dalle ripetizioni di mia sorella, che studia invece Psicologia alla Bicocca di Milano, nonché dei suoi schemini colorati del cervello umano.

        Su, questo appunto, presumo si tratti del livello di approfondimento scelto dai corsi di Laurea. Ma ti posso assicurare che le Scienze Umane hanno solidi, solidissimi, fondamenti e sono assolutamente classificate nelle scienze empiriche a tutti gli effetti!

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      • Ah sì sì: condivido. È un circuito unico, trattare uno solo dei due aspetti è riduttivo e inefficace, anche perché nascono insieme anche sperimentalmente: pedagogia ed etologia sono andate di pari passo fin dal 1600, quando probabilmente nessuna delle due si chiamava ancora così.
        È il come le ho viste insegnate, che mi ha molto demoralizzata.

        Per fortuna che in altri atenei le studiano integrandole meglio, mi hai dato una bella notizia! 🙂

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  3. Una serie molto interessante devo dire! Ho frequentato anche io il Liceo delle Scienze Umane e posso capire la passione per queste materie, e unirla con la propria passione per la scrittura è qualcosa che secondo me andrebbe fatto: diventando così un ottimo modo per analizzare i propri personaggi a contatto con gli altri e con la società del loro mondo. Credo sia assurdo creare un personaggio senza definirlo al 100%, senza metterlo davanti a determinate situazioni e vedere come reagisce.
    Attendo il prossimo articolo! c:

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  4. […] «Ogni variazione, per piccola che sia e da qualsiasi cagione provenga, purché sia in qualche parte vantaggiosa all’individuo di una specie, contribuirà nelle sue relazioni infinitamente complesse con gli altri esseri organizzati e con le fisiche condizioni della vita alla conservazione di quest’individuo, e in generale si trasmetterà alla sua discendenza» questa affermazione di Darwin estrapolata da L’Origine della specie (che vi consiglio di leggere e che potete trovare in questa lista: QUI) introduce perfettamente l’argomento che ho deciso di intraprendere in questo articolo – per chi si fosse perso il primo eccolo QUI. […]

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