Tre racconti per… – Cibo, morte e cenacoli di Nadia Mogni

© Editor Gloria Macaluso

Il racconto raccapricciante di Nadia, all’inizio mi ha spaventato, davvero. Ho dovuto rileggerlo un paio di volte e poi ho fatto un salto sul suo sito, che troverete in calce, per ricordarmi lo stile macabro di questa autrice. Si tratta di un racconto adatto per Halloween, ma anche intriso di un profondo senso di solitudine e verità psicologica o, meglio, psichiatrica.  


Cibo, morte e cenacoli

Lisa s’era confidata col parroco del piccolo paese situato in una zona collinare della bassa Lombardia, raccontandogli la propria volontà di togliersi la vita. Lui scandalizzato e costretto a tacere dal sigillo sacramentale, non la perdonò facendo in modo che il medico condotto imponesse il TSO in una struttura attrezzata, dove lei ebbe tempo di elaborare pensieri ancor più negativi e piani diabolici per attuare la volontà di auto–eliminarsi.

Nell’ospedale psichiatrico aveva conosciuto altri degenti, con qualcuno di essi s’era anche formata una specie di complicità a causa della comune sofferenza. Il caso volle che, al momento delle dimissioni per apparente guarigione, proprio i suoi più affezionati compagni di ricovero, tutti con tendenza al suicidio, uscissero lo stesso giorno.

Venne spontaneo formare un quintetto nel quale stringersi per portare a compimento un patto micidiale.

Era lei, unica donna, a proporre il gioco, ma questa volta tutti d’accordo: doveva essere definitivo. Nessun sopravvissuto!

Lo scopo finale era proprio il suicidio collettivo. I cinque amici meditavano da tempo quella presa di posizione drastica. Togliersi la vita era il pensiero che li univa. Tutti con la stessa paranoia,morire prima possibile e senza ripensamenti. Avevano quindi vagliato i metodi più disparati, ma nessuno sembrava soddisfare i loro desideri. Perciò quando Lisa propose di ispirarsi al film “La grande abbuffata”, furono d’accordo poiché essendo grandi peccatori quello di gola era il vizio preferito in generale.

Esattamente come nel film affittarono una villa isolata e ben protetta da sguardi indiscreti.

Acquistarono derrate alimentari di ogni genere per riempire la cella frigorifera grande come quella di un supermarket.

Silvio, Cesare e Antonio erano ottimi cuochi amatoriali. Raffaele era il raffinato sommelier che spese qualche migliaio di euro per rifornire la cantina di vini da abbinare a ogni piatto che avrebbero gustato.

Lisa scelse di imbandire le tavole che si sarebbero susseguite senza interruzione fino al compimento del progetto.

Certo,perché doveva essere un evento in grande stile, mica uno squallido suicidio di massa per volgare indigestione. A quella stregua sarebbe stato più semplice ingurgitare tutti insieme qualche veleno e togliersi velocemente dal mondo.

Invece no, loro volevano goderlo fino in fondo quel banchetto sacro, doveva essere un rito conviviale.

L’allegra combriccola di morituri riuscì a restare unita nell’ingordo sollazzo per una settimana prima che un componente iniziasse ad accusare i primi malesseri. Antonio trascorse un’intera notte a vomitare ma, appena si riprese, azzannò voracemente uno stinco di maiale e lo divorò talmente in fretta che un pezzo di carne gli rimase incastrato in gola. Nonostante gli sforzi degli amici per liberarlo dall’ingombro, morì soffocato nel giro di pochi minuti.Senza tante cerimonie venne sistemato nella cella frigorifera, per dargli una provvisoria collocazione e permettere agli altri diportare avanti il progetto. Tre giorni dopo Cesare crepò d’infarto.Seguito da Silvio ammazzato da un attacco di pancreatite fulminante.

Raffaele,più robusto e capiente degli altri, morì cadendo dalle scale annebbiato da un’ubriacatura colossale.

Lisa sopravvisse a tutti accusando soltanto lievi malesseri che si scioglievano con potenti evacuazioni nei wc della villa. Proprio lei,creatura apparentemente più debole, restò in vita senza particolari problemi di salute. Probabilmente il suo metabolismo era eccezionale ed efficiente e, nonostante avesse partecipato alle incessanti libagioni, era ancora là più affamata di prima.

Giunta a quel punto, però, non aveva ottenuto lo scopo prefissato: morire!

Inoltre gli amici le avevano lasciato in eredità un problema: non c’era più nulla da mangiare e neppure soldi per comprare altro cibo.

Dopo aver meditato sul da farsi, prese una decisione radicale poiché non voleva perdere tempo e desiderava crepare in fretta pure lei.

Scelse quindi di concludere il progetto mangiando i cadaveri dei convitati deceduti e conservati in frigorifero.

Se li mangiò procedendo in ordine di trapasso. Prima Antonio, poiCesare, Silvio e infine Raffale.

Antonio e Cesare vennero fatti a pezzi, mescolati insieme e cucinati in vari modi. Tra bolliti e spezzatini se ne andarono in due giorni.

Neppure i loro cadaveri riuscirono ad aiutare Lisa nel compimento del progetto.

Ladonna decise di mangiarsi gli altri due crudi dopo averli scongelati e lasciati a imputridire qualche ora.

Ormai non sentiva neppure il gusto raccapricciante di carne avariata in stato di avanzata decomposizione. Pensava che se non fosse morta per indigestione, sarebbe arrivata una vigorosa intossicazione a darle la botta definitiva.

Invece, no! Neppure i quattro cadaveri marci riuscirono ad avvelenarla.

Il fastoso menu iniziale s’era trasformato in cannibalismo. E neanche vissuto come disgraziata necessità, ma come antico rito tribale per onorare il sacro disegno progettato con gli altri complici. Un modo per portarsi dentro qualcosa di loro che non era riuscita a raggiungere nell’aldilà.

Mala sua intenzione di morire era solida più che mai, però serviva un programma più efficace.

Concepì di conseguenza un originale disegno. La stagione della caccia era appena stata inaugurata; nottetempo Lisa andò in un bosco, nei pressi del suo paesello, popolato da cinghiali notoriamente onnivori.Sapendo che proprio il giorno successivo si sarebbe svolta una battuta al cinghiale, si stese sotto un albero, ferì profondamente le gambe e un braccio poi, benché sfinita dal dolore, con un colpo netto recise la carotide in modo che l’odore di sangue richiamasse gli animali.

L’appello primordiale e possente non tardò ad attirare i suinidi che voracemente si cibarono del corpo di Lisa senza lasciarne minima traccia.

Il bottino dei cacciatori fu molto ricco nei giorni seguenti e la trattoria locale, denominata “Il cenacolo”, organizzò perla domenica successiva un corposo pranzo dove le portare principali erano a base di carne di cinghiale. Proprio quei cinghiali che s’erano nutriti con il corpo di Lisa.

Il parroco e la perpetua furono ospiti d’onore che, insieme con gli altri compaesani diventarono cannibali. Peccatori involontari poiché non consapevoli, ma comunque con lo stomaco pieno di colei che avevano coercitivamente allontanato dalla propria libertà d’azione.

Adesso lei era trasmigrata nei loro corpi per nutrire anima e cervello e,ovviamente, s’era portata dietro tutti i suoi “progetti”.


Ecco dove potete trovare Nadia: www.evaporata.com

Gli altri due racconti vincitori: La Veglia d’Inverno & 4 Mura

A presto,

Gloria 

47 risposte a “Tre racconti per… – Cibo, morte e cenacoli di Nadia Mogni”

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

Blog su WordPress.com.