Baudelaire – Consigli ai giovani scrittori

«L’esperienza implica una certa quantità di sbagli», così Baudealire apre il suo piccolo manuale di consigli agli scrittori esordienti. Come dargli torto? L’esperienza deve contenere un numero adeguato di errori per essere definita tale, altrimenti è solo un evento.

Consigli ai giovani scrittori, nella mia versione edita Passigli, comprende una prefazione davvero interessante in cui Baudelaire viene descritto non solo per il suo talento artistico, ma anche per la sua sfacciataggine e creatività di uomo e poeta. Maurizio Ferrara ci racconta che questo manuale di 60 paginette viene scritto da un Baudelaire anch’egli esordiente, ma già conquistatore di fama nei circoli della bohème.

Ma parliamo del libro. L’esperienza implica una certa quantità di sbagli, dicevamo, e non esiste frase più vera. Baudelaire mostra e dimostra tutti i suoi errori da giovane scrittore e accompagna l’ironia con la testardaggine dei poeti. Nella prima parte intitolata Della fortuna e della scarogna negli esordi, Baudelaire denigra l’idea della sfortuna e riassume l’ipocrisia dei colleghi a loro dire scarognati in un’unica ma efficace frase «Se avete scarogna è perché vi manca qualcosa: cercate di conoscere quel qualcosa». E qui una riflessione è d’obbligo: i giovani scrittori si sentono sfortunati, sempre e in ogni contesto. Il mio romanzo non viene capito, gli editori sono dei mostri, il mercato dei libri è agli sgoccioli, io scrivo meglio dei molti autori pubblicati ecc ecc. La sfortuna è forse una delle tante scuse che celano un’incapacità di fondo? 

Baudealire affronta parecchi temi in uno spazio ristrettissimo, ma li dispiega come panni al vento in maniera tanto vera quanto sublime «In amore come in letteratura, le simpatie sono involontarie». E già, è proprio vero. La letteratura è una tra le arti più discusse: c’è a chi piace Montaigne e chi preferisce Proust, alcuni adorano i romanzi d’amore e altri quelli di guerra o dell’orrore. Nulla più della letteratura dà all’uomo la possibilità di esprimere sé e la sua visione della vita. Ma, e cito «L’odio è un liquore prezioso, un veleno più caro di quello dei Borgia […] Occorre esserne avari!» Così, come dice Baudelaire, l’odio è un’emozione da tenersi stretta, raggruppa tutte le nostre forze mentali e i tre quarti del nostro amore.

Per questo, come consiglio agli scrittori esordienti, è necessario avere parsimonia dell’odio, sia nella vita sia nella letteratura. Anche i vostri personaggi devono esserne avari e se odiano, è doveroso capire il perché.

Il “manualetto” di Baudelaire, nella sua quinta parte intitolata Dei metodi di composizione, ci insegna come passeggiare con i nostri personaggi. Lo dico sempre e lo ripeto: i personaggi che creiamo devono essere tanto verosimili quanto veri. E per veri intendo che devono essere onesti e coerenti con il loro stesso carattere, i loro segreti e le loro paure. L’autore, affezionato al suo pensiero, ci dimostra l’importanza di portare un soggetto a passeggio, al bagno, al ristorante, fin anche dalla propria amante. Questa la vera arte dello scrittore: far vivere i personaggi nel mondo reale per poi farli respirare sulla carta, il loro fiato si deve condensare sulla pagina.

Baudelaire può piacere oppure no, lo ammetto. Un carattere così impetuoso e senza riserve può infastidire il lettore. E su una cosa non posso che dissentire anch’io: Baudelaire non privilegia la cosiddetta revisione. Riporto un estratto per capirci meglio:

«Alcuni fra i più distinti […] cominciano col riempire molta carta; lo chiamano coprire la tela. Questa operazione confusa ha lo scopo di non perdere nulla. Poi ogni volta che ricopiano, sfrondano o sfoltiscono. Fosse pure ottimo il risultato, è abusare del proprio tempo e del proprio talento. […] La tela deve essere coperta – mentalmente – nell’attimo in cui lo scrittore prende la penna per scrivere il titolo. Dicono che Balzac riempia la sua copia e le sue bozze in modo capriccioso e disordinato. Un romanzo passa quindi per una serie di genesi, dove si disperde non solo l’unità della frase, ma anche dell’opera».

Eccolo, il pensiero di Baudelaire sul lavoro di revisione. Non posso condividerlo, non sarebbe onesto. Pur ammettendo che la sua posizione riporta una successione di fasi all’apparenza disordinate e capricciosecredo fortemente che la revisione di un testo sia una tra le parti essenziale della sua stesura. Non lo dico da editor di parte, sia chiaro. Sui miei lavori passo giornate intere e il processo di revisione mi aiuta ad avere un’idea più chiara, limpida e nitida dell’intero romanzo. Alcuni odiano rileggere i propri scritti, ma perché? Forse la paura di ciò che hanno scritto li attanaglia? Forse si annoiano loro stessi a revisionare un testo? Se è lo scrittore stesso ad annoiarsi sul proprio lavoro, perché non dovrebbero farlo i lettori?

Alla base di questo pensiero, a mio parere, si snocciola un senso di superiorità, vanità ed egocentrismo che non dovrebbe appartenere allo scrittore che si spoglia, si mette a nudo sulla carta. C’è, però, chi semplicemente non vuole creare troppi strati di colore sulla tela. La cosa fa riflettere. Quanti strati sono sufficienti? Uno? Dieci? Nessuno? Non esiste risposta, e come ogni regola accetta l’eccezione, anch’io comprendo il pensiero di Baudelaire e sono disposta a credere che una stesura basti e avanzi.

• Oh… cosa c’è lì? Il nome di quel personaggio ha una “l” nel posto sbagliato. Ma… ma non aveva i capelli rossi? Perché adesso sono biondi? La figlia del barone l’aveva incontrata di pomeriggio, perché cita una notte settembrina?

Mmmh… forse sarà meglio rileggere.

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L’articolo è nato da un’idea di collaborazione con Marco, di cui vi lascio il link al Blog MarcoScrive QUI. Confrontarsi sulle opere è sempre stato, per me, un modo per aprire la mente a nuovi pensieri, e chissà se Marco pensa la stessa cosa di Baudelaire e della sua negazione in merito alla correzione di un’opera. Per scoprirlo, cliccate QUI e leggete il suo articolo su Consigli ai Giovani Scrittori. 

Il Manuale lo trovate qui: Consigli ai Giovani Scrittori

Se volete passare sul mio sito di Editing cliccate QUI: siete i benvenuti! Per voi, una prova gratuita di revisione e senza impegno su 7 cartelle manoscritte! Chissà se il vostro romanzo ha bisogno di qualche passata di colore! Vi aspetto!

A presto,

Gloria

14 risposte a “Baudelaire – Consigli ai giovani scrittori”

  1. Pensavo alla differenza tra Il realizzare un dipinto ad olio ed uno ad acquarello. L’acquarello ammette correzioni minime, direi quasi nulle, mentre l’olio può essere modificato anche drasticamente, quindi, sostanzialmente, parliamo di un approccio progettuale diverso.

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  2. Due considerazioni: sull’odio e sulla rilettura.

    Abbiamo detto che lo scrittore dev’essere sempre sincero, giusto?
    Quindi dosare l’odio non equivale a mentire, soprattutto a se stessi?
    Personalmente, provando una reale avversione verso buona parte del mondo che mi circonda, anche i miei scritti sono intrisi di sincero odio; non posso e non voglio fingere di non provare tale sentimento per sembrare ipocritamente simpatico.

    Chi scrive dovrebbe farlo, almeno in teoria, solo per se stesso, non per il lettore.
    Io mi annoio a rileggere quello che scrivo perché già conosco il contenuto e perché nuovi pensieri premono per prendere forma.
    Fissarmi su qualcosa di già scritto sarebbe come partecipare a una maratona dove tutti corrono, mentre io sono ancora fermo al punto di partenza.

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    • Ciao Vittorio!

      Sono d’accordo con te, infatti l’essere sinceri e onesti non implica il celare le proprie emozioni. Se l’odio che provi è veritiero, ben venga. Ma mi è capitato molto spesso di correggere frasi il cui odio/rancore non era altro che un modo per creare drammaticità, e qui l’obesità scompariva dietro una questione davvero commerciale.

      Per quanto riguarda la rilettura, sappiamo già di avere pareri diversi. Quello che mi chiedo è come mai le tue riletture si concentrano nel momento in cui stai ancora scrivendo. Come dico sempre, la scrittura deve essere fatta di getto, solo quando hai “vomitato” tutto ciò che avevi da dire sulla pagina, si passa alla rilettura e revisione. Altrimenti, come dici giustamente tu, si interrompe il flusso di pensiero.

      Ma se non smetti mai di avete qualcosa da dire, mentre scrivi intendo, allora forse non sai cosa dire.
      Che ne pensi?

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      • Quello che scrivo è condizionato spesso dal mio umore del momento, che può variare repentinamente anche da un secondo all’altro.
        A volte riesco ad assecondarlo e sfogarmi completamente, così posso concludere racconti brevi o poesie; se il testo che desidero scrivere è lungo, invece, il rischio che rimanga incompiuto è molto alto. Tornarci in seguito sarebbe pure odioso, perché mi toccherebbe ripercorrere mentalmente periodi già scritti; a quel punto preferisco iniziare qualcosa di nuovo.

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  3. I tempi sono cambiati da Baudelaire. Oggi abbiamo altre sensibilità, altre mentalità, altre tempistiche, e il mercato è assai diverso. Provate a infilare veri e propri saggi nei vostri romanzi, come si faceva all’epoca, e vedrete.

    Nel 2018 è già un miracolo che qualcuno apra un libro; figuriamoci se dovesse affrontare un romanzo in cui il 50% del contenuto è da tagliare o ridurre drasticamente. Scrivere senza rivedere, cioè correggere, sfoltire, perfezionare… affilare il proprio scritto è un suicidio.

    Cercare di raggiungere la maggior sintesi possibile, cioè la vera eleganza artistica, è auspicabile non solo dal punto di vista tecnico. Questo, per fortuna, tantissime CE l’hanno capito e fanno affidamento su un’editing completo e serrato dei testi.

    Quindi, per farla breve… sono d’accordissimo con te su questo punto.

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