Ignoralo e basta. Vuole solo attenzione. A ripensarci sembra quasi crudele riconoscere e insieme respingere il desiderio d’attenzione di qualcuno, specialmente di un bambino. “Vuole solo attenzione” , come se fosse una brutta cosa, neanche uno volesse soldi , potere e celebrità. Forse è per questo che adesso preferisco essere ignorato: mi è stato causato un danno irreversibile. Anzi, so bene che me ne sono stati causati tantissimi, e mi è venuto in mente che la psicoterapia è un inutile tentativo di rovesciare l’ irreversibile, di districare un groviglio inestricabile.
Da questo romanzo mi aspettavo grandissime cose, ma forse questo dolore non mi sarà utile.
James Sveck ha diciotto anni, vive a New York con una famiglia ingombrante e si sente, sempre e ovunque, un pesce fuor d’acqua. Particolarmente sarcastico, odiosamente puntiglioso, privilegia le sue riflessioni solitarie piuttosto che il caos sociale dei coetanei che reputa stupidi. Mentre sua madre è alle prese con un ennesimo divorzio e sua sorella si infatua di un professore molto più grande di lei, James sogna di abbandonare tutto e trasferirsi in una casa isolata nel Midwest. Invece di iscriversi alla Brown, si rifugia nei suoi sogni e si confida con la sua psicologa (forzatamente) e con sua saggia nonna, l’unica persona con cui si sente veramente sé stesso.
Il titolo è ispirato a una frase di Ovidio: Perfer et obdura, dolor hic tibi proderit olim. «Sopporta e resisti, un giorno questo dolore ti sarà utile.»
Dunque, James è un ragazzo con evidenti sintomi depressivi, privilegiato, ovviamente, insoddisfatto, che ha assistito a eventi terribili. L’approfondimento psicologico c’è, ma la mano dell’autore, la forzatura di una morale, è davvero troppo visibile, tanto da rendere il flusso di pensieri poco credibile per la mente di un diciottenne bianco e borghese di NYC.
James, poi, ammettiamolo, è di una noia mortale. Forse l’età giusta per leggere questo romanzo non è la mia, e avrei dovuto struggermi con lui quando avevo anch’io diciotto anni, ma tant’è. Il finale, poi, è “buttato via”, ma anche in questo caso forse sono io ad avere problemi con i finali.
Lo stile è sicuramente magnetico, vorticoso, e le descrizioni aforistiche, incluse quelle semi-oniriche del protagonista, ma lo stile basta per reggere un’assenza pressoché palpabile di trama? Beh, dipende dall’intenzione che si ha mentre si legge. Se cerchi un libro che ti faccia riflettere su alcuni sistemi, su alcuni sentimenti o emozioni. allora forse è quello giusto, se vuoi anche una storia, probabilmente no.
La riflessione, o meglio la domanda, sul perché sia così discusso, celebrato, è d’obbligo: perché? Suppongo proprio per questo impianto citazionistico, per queste riflessioni fuggevoli ma capaci, in qualche modo, di farti guardare fuori dalla pagina e verso la tua vita. Ovvio, questo funziona molta meglio se sei in un momento di transizione o confusione. Se sei triste, anche.
Un giorno questo dolore ti sarà utile di Peter Cameron QUI.


