Nel capitolo ottavo di Master di Scrittura Creativa della Morrell, l’autrice cita una frase di Robert Bresson, regista e sceneggiatore: «La più normale delle parole, quando è al posto giusto, acquista subito brillantezza. È questa la brillantezza con cui dovete far splendere le vostre immagini».
Be’, che dire? Per scrivere bisogna saper creare immagini e non solo, bisogna crearle nella mente del lettore. A volte si crede che le figure retoriche, le metafore e il linguaggio figurato in generale appartengano esclusivamente ai poeti, ma non è così. Per catturare il lettore le immagini sono di fondamentale importanza. Non importa se descrivano qualcosa di convenzionalmente riconosciuto come bello o come brutto – e passatemi questi aggettivi abusati –, l’importante è che creino nella visione interiore di chi legge un piccolo ma brillante disegno, una visione tangibile delle parole.
Per coloro ai quali scarseggia il buon senso, è bene precisare che descrivere attraverso le immagini non significa fare degli immensi giri di parole o divagare in assurde costruzioni articolate, pompose e narcisistiche. La maggior parte delle volte, se non sempre, la semplicità è il miglior modo per trasmettere emozioni. Questo, però, non implica che sia facile, anzi. Comporre frasi semplici attraverso l’utilizzo di parole semplici è la più complicata delle arti. Per darvi qualche suggerimento in merito, Libri – Calvino e le “lezioni americane” agli scrittori
Detto questo, vorrei riassumere in tre punti quelle che, a mio parere, sono le armi vincenti per creare immagini nella mente del lettore: descrizioni, figure retoriche e dialoghi.
QUANDO UN ALBERO HA LE FOGLIE ROSA
Le descrizioni sono spesso snobbate in narrativa, oppure sono state talmente trite da innumerevoli romanzetti che appaiono scialbe e prive di senso. Per questo ogni descrizione merita un elevatissimo grado di attenzione, precisione e, soprattutto, diversità.
Quando un albero ha le foglie rosa, come lo descrivete? Quali particolari estrapolate da una figura tanto conosciuta per far brillare le parole? Questo è un ottimo esercizio di scrittura. Prendere un oggetto conosciuto in tutto il mondo e descrivetelo secondo il vostro personale senso del gusto, un gusto particolare che deve distinguersi da tutti gli altri.
Per essere efficace, la descrizione non deve ricalcare semplicemente i tratti materiali di un oggetto o quelli fisici di una persona. Scavare nell’interiorità della seconda e analizzare l’interezza o il particolare del primo è un buon modo per iniziare.
Per citare esempi storici:
«Lo studio era impregnato dell’intenso odore delle rose, e quando la leggera brezza estiva frusciava tra gli alberi del giardino, fluiva dal vano dell’entrata il greve odore di lillà o il più delicato profumo dell’eglantina» da Il ritratto di Dorian Gray, traduzione di Ugo Dettore.
- Qui, la descrizione si incatena al senso dell’olfatto, nonché a quello della vista nell’immagine dei profumi che vagano per l’ambiente.
«Trovò il cadavere avvolto da una coperta sulla branda da campo dove aveva sempre dormito, vicino a uno sgabello con la bacinella che era servita per vaporizzare il veleno. Sul suolo, legato a una gamba della branda, c’era il corpo disteso di un grosso danese nero col petto niveo, e accanto a lui le grucce. […] Le altre finestre, come qualsiasi fessura della stanza, erano imbavagliate con stracci o sigillate con cartoni neri, e questo aumentava la densità opprimente» da L’amore ai tempi del colera, traduzione di Angelo Morino.
- In questo caso, la descrizione macabra del cadavere spazia a ciò che si trova attorno a lui, all’oscurità della stanza, agli oggetti utilizzati per il loro scopo e così via.
Le descrizioni dovrebbero offrire un’immagine simile a quelle che si trovano nelle enigmistiche, quelle con i puntini da completare: in realtà già sappiamo cosa comparirà una volta uniti tutti i puntini ma all’inizio abbiamo solo un’idea generale, qualche indizio. Ecco, il lettore deve avere la possibilità di completare con la propria immaginazione le descrizioni che regalano una visione d’insieme. Questo non significa fornire descrizioni lacunose o insensate, anzi: scrivere ciò che più ha la necessità di essere detto con parole semplici, esattezza e completezza.
URTA, APRE, CACCIA, ATTERRA, TAGLIA E FENDE
Quanti di voi riconoscono questa citazione? E quanti la figura retorica utilizzata? Dall’Orlando Furioso (XVIII, LVII, 1-2), ecco il climax.
Mi è capitato spesso di sentire parlare di climax in merito alle vicende di una trama, ma quando chiedevo agli autori se conoscessero il suo utilizzo nelle figure retoriche, questi, nella maggior parte dei casi, non sapevano come rispondermi. Be’, l’esempio dell’Ariosto è emblematico: il climax – che deriva da una parola greca che significa «scala» –, si esprime inserendo in un discorso degli elementi che crescono in base all’intensità stessa delle parole che li esprimono. Questi elementi possono spaziare dalle azioni (come nell’esempio) alle emozioni, avvenimenti e perfino agli oggetti.
Oltre all’utilizzo del climax come struttura narrativa (e su ciò mi dilungherò in un altro articolo), questa figura retorica dona emozioni alle parole, riempiendole di un significato crescente che permette al lettore di avere un riscontro emotivo, appunto. Non farò la solita lista asettica e scolastica delle figure retoriche (che potete trovare QUI), mi limiterò a citare quelle che, a mio parere, sono le più efficaci in narrativa.
- Allegoria – l’astratto descritto attraverso il concreto. Questa particolare figura retorica (la mia preferita, tra l’altro), può racchiudere o essere racchiusa sia nelle descrizioni che nei dialoghi. La maggior parte delle volte, è utilizzata per esprimere i sentimenti – l’astrattezza per antonomasia, appunto – ma ci sono vari modi per utilizzarla. Ad esempio, nell’Inferno, Dante rappresenta Virgilio con la scienza della Ragione, mentre Beatrice è la rappresentazione della Teologia. Sempre il nostro Sommo Poeta, nel primo endecasillabo della Commedia, scrive “Nel mezzo del cammin di nostra vita” e cioè all’età di circa 30 anni (a quell’epoca).
- Potete utilizzare l’allegoria per descrivere le emozioni dei vostri personaggi «[…] mi sentii come se una morsa perforasse le mie viscere» che potrebbe voler dire sentirsi “ansioso” oppure “oppresso” o meglio “sconvolto” e che si riconduce bene anche alla definizione di similitudine. Potete usare l’allegoria per rappresentare una virtù, ad esempio uno dei vostri personaggi potrebbe avere le caratteristiche dell’onestà e quindi rappresentare la stessa come persona. Ancora, potete sfruttare la forza narrativa dell’allegoria per fornire a un luogo o a una persona la concretezza di una caratteristica astratta: un tribunale è giustizia, una donna è forza, un uomo è gentilezza, un giardino è pace e così via.
- Asindeto – elenco o lista di parole concatenate da punteggiatura debole o proposizioni. Questa figura retorica, a differenza dell’allegoria, può essere utilizzata sono nel periodo specifico e con molta, molta parsimonia. Il più significativo esempio si trova nella famosissima affermazione attribuita a Giulio Cesare “Veni, vidi, vici”. Anche l’asindeto, come il climax nell’esempio precedente, conduce il lettore alla creazione di un’immagine: gli elenchi e le liste sono intrinsechi nella nostra vita comune e l’utilizzo di queste figure retoriche rendono verosimile anche la narrazione, dandole per di più un ritmo incalzante.
- Potete utilizzare l’asindeto quando descrivete un evento che vede i vostri protagonisti capitolare in situazioni di successione veloce, ad esempio: «[…] inciampai, ruzzolai, sbattei contro il masso e non vidi più nulla», o meglio «La guardò, l’afferrò e la baciò».
- Sinestesia – accostamento di due termini che riguardano sensi differenti. Questa figura è al primo posto tra le mie preferite quando si parla di stile. Un grido bianco o una luce profumata mi hanno sempre avvolta in un profondissimo senso di contatto con la scrittura. Catturare due o più elementi delle diverse sfere sensoriali è una tra le tecniche più difficili che io conosca e molti se ne dimenticano.
- L’utilizzo delle sinestesie deve essere ponderato alla tematica che si affronta, ma soprattutto allo stile e al linguaggio generale del vostro racconto. Non fate dialogare due bambini di sei anni tramite le sinestesie (anche se potrebbe essere una bella idee se sviluppata nel modo corretto); utilizzatele per enfatizzare una sensazione e quindi l’intera atmosfera della storia.
- Sineddoche – indicare la parte per il tutto o viceversa, applicato alla vasta gamma di generi, singolari o plurali, numeri e così via. L’esempio più classico è scrivere tetti per indicare l’intera casa. La sineddoche è anch’essa una figura malamente inserita nel ramo della poesia. Sono convinta, invece, che il suo utilizzo nella narrativa possa essere più che azzeccato, se ben riposto. Questa figura, infatti, mi ha insegnato a mutare il significato stesso delle parole e quindi inserirle in un contesto differente da quello abituale. Crea atmosfera e può (deve) essere usata per descrizioni di paesaggi urbani o meno, ma anche di personaggi.
QUESTO MATRIMONIO NON S’HA DA FARE, NÉ DOMANI, NÉ MAI
Il miglior modo per creare immagini attraverso le parole è proprio far parlare i vostri personaggi, e grazie tante. Durante la stesura di un romanzo o di un racconto la caratterizzazione dei personaggi è fondamentale e questa si sviluppa (in uno dei modi migliori) per mezzo dei dialoghi (per approfondire potete leggere questo articolo Scrittura Creativa – il dialogo N.O.V.): le parole dei vostri personaggi, se usate bene, potranno creare immagini nella mente del lettore attraverso le descrizioni, le risposte incalzanti o le domande pertinenti. Per fare qualche esempio:
- Descrivere: i vostri personaggi potranno descrivere un luogo o un altro personaggio attraverso il dialogo così da crearne l’immagine fisica o caratteriale come in un racconto interno alla storia stessa. In questo caso l’utilizzo delle figure retoriche è fondamentale per evitare una noiosa lista di colori, dimensioni, aspetti, ecc.
- Narrare: fate raccontare ai vostri personaggi una storia, magari un antefatto (per creare un ottimo antefatto guardate qui Scrittura Creativa – l’importanza degli antefatti), così che la narrazione si distacchi dallo stile “standard” del testo e crei un’immagine nuova durante la lettura.
- Creare atmosfera: l’atmosfera, a differenza di quanti molto pensano, è la vera e propria ambientazione di un romanzo o racconto che, sempre a differenza di quanti molti pensano, non è la semplice struttura fisica di luoghi (questo articolo potrà aiutarvi a creare l’ambientazione adatta per il vostro scritto Scrittura Creativa – l’ambientazione come sfondo protagonista). I dialoghi creano l’atmosfera quando provocano emozioni a secondo delle necessità. Un dialogo può creare mistero, suspense, paura o gioia, tenerezza o amarezza e così via. Anche in questo caso l’utilizzo delle figure retoriche è un ottimo modo per disegnare immagini mentali: i dialoghi che creano atmosfera, inoltre, sono la migliore soluzione per preparare i lettori a un’ascesa della trama o a un nuovo conflitto.
***
Come sempre, sono convinta che non esistano regole fisse per scrivere. Ognuno di noi ha una visione propria ed è meravigliosamente giusto che sia così. I miei articoli scaturiscono sempre dalla mia esperienza come scrittrice, ma soprattutto come editor e quindi dal confronto con altri autori, voci nuove e fresche. Sono una sostenitrice della buona scrittura e per questo mi impegno per fornire contenuti che possano davvero essere utili agli aspiranti scrittori ma anche a quelli più navigati.
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VI RICORDO CHE AGLI INIZI DI SETTEMBRE VERRANNO PUBBLICATI I RACCONTI VINCITORI DELL’INIZIATIVA “TRE RACCONTI PER”. IL RACCONTO CHE OTTERRÀ MAGGIORI RISCONTRI POSITIVI POTRà PUBBLICARE ANCHE UN’INTERVISTA, PER CUI FATEVI SENTIRE!
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Il libro di scrittura della Morrel, consigliato a ogni aspirante: Master di scrittura creativa
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Editing – le 5 regole di un buon editor
Una Giornata da scrittrice – le avventure
Come incantare il lettore – l’arte di scrivere
A presto,
Gloria
19 risposte a “Scrittura Creativa – immagini e parole per catturare il lettore”
E’ sempre un piacere leggerti, brava.
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Grazie mille! 💕
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Questo spiega perché sia così difficile scrivere poesia. Come ci ricorda Faulkner
“…sono dell’opinione che in principio ogni scrittore voglia essere poeta. Quando scopre di non saper scrivere poesie di prim’ordine[…]allora tenta con i racconti che sono il secondo genere più arduo. Quando fallisce con i racconti viene il momento del romanzo. Vale a dire che [in principio] cerca di esprimere la tragedia e la passione dell’esperienza della vita, con quattordici parole. Se non va ci ritenta con duemila parole. Se fallisce di nuovo, gliene serviranno centomila”
Cosa direbbe oggi Faulkner a proposito dei 128 caratteri di twitter o dei “diari sversati” di facebook?
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Bella riflessione, Giuseppe. Seppur non possa mettermi al livello di Faulkner, credo che non sia tanto la lunghezza con la quale diciamo le cose, ma piuttosto il modo (che è anche il tema principale di quest’articolo). Detesto con tutta me stessa quei 128 caratteri, perché limitano ogni mia possibilità di esprimermi, e non perché siano pochi, bensì poiché impongono un orizzonte che non può essere superato, nonostante siano uno splendido esercizio di sintesi!
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sempre ottimi articoli, grazie
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Grazie a te! 😊
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Molto interessante e dettagliato, grazie!
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Grazie mille 😀
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[…] Ricordate che i dialoghi non sono quasi mai semplici scambi di battute e che queste, pur dovendo essere il più reali possibile, non possono risultare estremamente colloquiali. Reali, non banali. Create l’atmosfera intorno alle parole e fate in modo che chi vi legge voglia saperne di più al termine del paragrafo. Per approfondire l’atmosfera cliccate QUI. […]
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