LIBRI: Uomini e Animali nel medioevo. Storie fantastiche e feroci – Chiara Frugoni

© Editor Gloria Macaluso

Se studiate il Medioevo vi accorgerete che è diverso da ciò che siamo, da ciò che l’Europa è oggi diventata. Avrete come l’impressione di fare un viaggio all’estero. Occorre non dimenticare che gli uomini e le donne di questo periodo sono stati i nostri antenati, che il Medioevo è stato un momento essenziale del nostro passato, e che quindi un viaggio nel Medioevo potrà darvi il duplice piacere di incontrare insieme l’altro e voi stessi. 

Jaques Le Goff

Questa citazione, tanto vera quanto, a tratti, malinconica, mi è apparsa poco prima di intraprendere la lettura di Uomini e animali nel Medioevo. Sono sempre stata affascinata da quest’epoca di passaggio, che tanto passaggio non è, se ci atteniamo alle date che tradizionalmente indicano il principio e il termine dell’Età di Mezzo (476 d.C. – deposizione di Romolo Augusto – e 1492 – scoperta dell’America). Un millennio di storia, tradizioni, progressi, invenzioni e cambiamenti spesso dimenticati, segreti, celati. Un millennio in cui l’uomo e la natura si ritrovano in perenne lotta, in costante mutamento e scoperta l’uno nei confronti dell’altra e in cui noi, contemporanei occidentali, non riusciamo a scovare il filo conduttore di una memoria ancestrale che dovrebbe, al contrario, condurci al ritroso sulle tracce che i nostri antenati, come afferma Le Goff, ci hanno lasciato.U

Quando la Società Editrice il Mulino mi ha proposto la lettura di Uomini e animali nel Medioevo. Storie fantastiche e feroci non ho saputo resistere. Il volume di Chiara Frugoni, illustrato come un libro d’arte a tutto tondo, si apre con una breve introduzione «(se possibile, da non saltare)» che fin da subito mi ha immersa nel cosmo delle letture sacre, precisando quanto il confronto con la Bibbia fosse stato indispensabile nel rapporto tra uomini e animali: è la Bibbia stessa ad affermare l’esistenza e la minaccia di animali straordinari, cresciuti nel nostro immaginario dalla notte dei tempi e ancora oggi riproposti, modificati, trascritti, dipinti fino ad essere commercializzati. I draghi, i grifoni, gli unicorni, gli scitali, i basilischi, il chelidro, l’idra e il catablepas sono solo alcuni degli animali immaginari che popolavano i Bestiari medievali o le Mappe Mundi.

Ma procediamo con ordine. Il volume di Chiara Frugoni è suddiviso in cinque capitoli, ognuno dei quali, lo ricordo, magistralmente illustrato. Scrivere sul loro contenuto non è semplice e riportarne qualche informazione “un pizzico alla volta” sarebbe riduttivo, ma per stuzzicare la vostra curiosità cercherò di riprendere le fila del volume e trascinarvi indietro nel tempo, giusto quei mille anni che ci interessano. Iniziamo. 

I. Adamo nomina gli animali ed essi lo comprendono: in che lingua parlavano?

L’analisi delle due versioni più autorevoli della Genesi, centro di dibattito secolare ancora in corso, introduce la creazione degli animali, prima di Adamo e di Eva in Genesi 1, e dopo Adamo ma prima di Eva in Genesi 2. «Il Dio della Genesi 1 è un Dio invisibile che pianifica, giorno dopo giorno, lungo una settimana, la creazione dell’universo nei suoi elementi essenziali […]» mentre «Il secondo racconto della creazione di Genesi 2 […] Non si occupa però dell’universo, ma inizia subito dalla terra […] Scorre un solo fiume che a sua volta si divide in quattro fiumi che percorrono tre regioni: il Phison l’Arabia, Gehon l’Alto Egitto, il Tigri e l’Eufrate la Mesopotamia (Gen 2,6-14); mi è lecito commentare: un paradiso terrestre molto piccolo, a misura del popolo eletto?». 

Quello che è certo in entrambe le versioni, lasciando da parte gli scontri religiosi e politici, è la creazione degli animali; tutti gli animali, dai più docili e servili a quelli leggendari e spaventosi. Chiara Frugoni ci trasporta, a questo punto, alla scena dell’imposizione dei nomi da parte di Adamo. Su un’ala di un dittico in avorio conservato al Museo Nazionale del Bargello di Firenze (Immagine 1) troviamo, sulla destra «Nudo e bello, languidamente semidisteso» Adamo che troneggia su un vasto capannello di animali, dai leoni ai cavalli, dall’orso agli elefanti. Tutti lo ascoltano, mentre il nostro progenitore pone la mano destra in segno di parola e conferisce loro il nome, compito che lo stesso Dio gli ha concesso e affidato. 

1. Adamo impone il nome agli animali (destra), Museo Nazionale del Bargello, Firenze, IV – V secolo.

In che lingua si esprimevano i sottomessi? Vediamo Adamo additarli e nominarli e loro rispondere con segnali di assenso (nell’avorio la maggior parte degli animali hanno la bocca spalancata in segno di sottomissione), ma potevano anch’essi esprimersi verbalmente? Sappiamo che la Bibbia afferma la capacità di esprimere parole a voce da parte del serpente che tentò Eva nel paradiso terrestre, ma si sostiene che sia stato il diavolo stesso ad agire per mezzo dell’animale e fare in modo che dalle sue fauci fuoriuscisse un suono articolato e comprensibile. Alcuni, al contrario, tra i quali la Frugoni ricorda Gioachino Belli, affermano che gli animali hanno sempre posseduto la capacità del verbo e solo quando Adamo arrivò per domarli e sottometterli con «gli archibugi e la mazzuola» essi abbiano taciuto. 

Ecco che Uomini e animali nel Medioevo ci infilza con la prima certezza dell’uomo: il dominio sulla natura e sui suoi abitanti. Certo, molte bestie erano sanguinarie e pericolose, ma l’ingegno umano, in un modo o nell’altro sapeva bene come domarle o scampare ai loro canini affilati. Prendiamo il caso del leone, animale benefico perché associato alla figura di Cristo «Si dice che anche il leone dorma con gli occhi aperti, perché il nostro Redentore perfino nella morte, a cui la sua natura umana ha avuto il potere di assoggettarlo, ha vegliato, rimanendo immortale a causa della sua natura divina». Oppure il lupo, bestia ben più conosciuta del maestoso leone perché avvezza a ruberie e omicidi nei pressi delle città, che pur essendo sanguinario poteva essere sconfitto se solo l’uomo fosse riuscito a guardarlo per primo. Il motore del linguaggio degli animali si rispecchia in quello dell’uomo, ben più sapiente, è certo, ma sempre all’erta nello scovare i metodi più controversi per sconfiggere quelle bestie del creato che minacciavano la sopravvivenza della specie eletta

II. Adamo che è l’uomo, che è il creato, che è sapienza.

Il racconto della creazione, in qualunque versione lo si voglia leggere, ha un fattore di comunione ben caro alle nostre Istituzioni Ecclesiastiche: la supremazia dell’uomo, come detto poco sopra. Chiara Frugoni, consapevole di questo, analizza la figura di Adamo nell’epoca Medioevale calcando sulla scena della distribuzione dei nomi. È interessante soffermarsi su questo aspetto per comprendere fino in fondo quali fattori giustificassero o avrebbero voluto giustificare il predominio di Adamo (e per estensione dell’uomo) sugli altri essere viventi. Quando si assegna un nome, quando si ha la possibilità di conferire un senso scelto a un oggetto, questo assume le sembianze di qualcosa di posseduto e conosciuto, di un proprietà di chi, quel nome, glielo ha assegnato. Tra le righe di questo volume, la Frugoni è molto chiara nello spiegare come l’uomo abbia sottoposto gli altri esseri viventi alla sua egemonia; assegnagli un nome e sarà tuo, nomina la paura e saprai sconfiggerla. E qui non posso che pensare alle pratiche di esorcismo (tra l’altro molto comuni nel Medioevo) durante le quali uno degli obbiettivi dell’esorcista è proprio quello di scoprire o farsi rivelare il nome del demonio, perché solo conoscendo il suo nome lo si può sconfiggere. 

Adamo, frutto del creato e da esso infuso del potere di assegnare i nomi agli animali, li addita e li nomina e così li sottopone al suo volere. Agostino spiega «Se dunque Dio fece di terra tanto l’uomo che gli animali, cos’ha l’uomo di superiore rispetto agli animali in tutto questo se non l’essere stato creato ad immagine di Dio?». Ecco che la somiglianza dell’uomo al Padre Creatore pone Adamo ancora un gradino più in alto degli animali: egli somiglia a Dio, egli è l’unico a poter mantenere posizione eretta, a dispetto di tutti quanti gli esseri viventi che lo accompagnano e sui quali egli detiene il potere, perché deve osservare non le cose terrestri, come invece fanno gli animali, ma l’altissimo; ascendere con lo spirito alla conoscenza divina. Nella Basilica di San Marco, l’imponente cupola sud – occidentale dell’atrio riporta il racconto della Creazione; nella parte inferiore possiamo vedere ancora Adamo che addita gli animali e, a distanza, Dio che lo osserva (Immagine 2). «Nella scena di Adamo che impone il nome agli animali, Dio invece è in trono perché, avendo creato l’uomo a sua immagine e somiglianza e avendogli accordato il dominio sull’intera fauna (Gen 1,28), deve sottolineare la distanza dalla propria creatura». 

2. Adamo impone il nome agli animali; La creazione, le opere e i giorni, San Marco, Venezia, metà del XIII secolo. 

Ma ancora più rappresentativo della superiorità dell’uomo è il terzo fattore: l’ingegno, la sapienza, la «scienza infusa». Non è solo la posizione eretta e la somiglianza a Dio che rendono Adamo il dominatore della fauna ma, spiega Agostino, «[…] per quanto riguarda la potenza dell’intelletto». L’ingegno, la capacità di riflettere, pensare è sempre stato segno distintivo della natura umana e per questo, ma non a parere mio è valido motivo, l’uomo si è eretto a vertice del controllo sulla popolazione della terra. 

Animali fantastici e temuti. Come sconfiggere un unicorno

L’immaginario collettivo associato alla figura dell’unicorno ci riporta al brano degli AmericaThe last unicorn poi riadattato per la trasposizione del film d’animazione omonimo. Un cavallo elegante, bianchissimo, quasi trasparente, con una lunga criniera argentea e un corno avvolto su sé stesso come una caramella di marshmallow che spunta dalla fronte, in mezzo ai suoi occhi. Si vocifera che il sangue d’unicorno doni l’immortalità, che il suo ventre, se accarezzato, regali la giovinezza eterna e che il suo crine, cucito fra le lenzuola di giovani sposi favorisca la fecondità.

Be’, un’immagine incantata che si discosta di parecchio da quella che era la rappresentazione di questo animale leggendario nel Medioevo. In Uomini e animali nel medioevo, Chiara Frugoni ci racconta di «Un altro animale ferocissimo e imprendibile». Feroce? Ebbene, sì. L’unicorno era un animale imprevedibile, temuto e Ctesia (un medico greco del V secolo a.C.) lo descrive come «un asino selvaggio bianco ma con la testa rossa, rapido e combattivo, impossibile da catturare e difficilissimo da uccidere». Ma qualcuno può catturare un unicorno, stranamente qualcuno di cui poco il nostro caro Adamo si è interessato: la donna. Una fanciulla vergine può ammansire un unicorno che alla sua vista si rivela docile e servizievole. Nella figura che è anche la copertina del nostro volume (Immagine 3) vediamo una giovane donna sul cui grembo è sdraiato un unicorno intento a bere dal ruscello sottostante, «pago delle carezze, non la guarda, ma affonda il corno nell’acqua». 

3. Platearius, Le livre des simples médecines, Parigi, Biblioteca Nazionale, fine del XV secolo

La fanciulla è costretta a svelare la sua più segreta intimità per poter catturare questo animale fantastico. La donna però, come sempre la Frugoni spiega in un altro volume, Vivere nel Medioevo. Donne, uomini e sopratutto bambini, se ricca e intelligente, non ha sempre la sorte di esca, ma deve comunque possedere «una stanza tutta per sé» e qui i rimandi a Virginia Woolf sono palesi. In alce all’articolo troverete il link di quest’altro volume. 

Perché l’unicorno era tanto prezioso? Il suo corno, se usato per bere, proteggeva dalle convulsioni e dai veleni; un unguento preparato con il suo fegato guariva dalla lebbra e quando immergeva il corno nelle acqua del «grande lago» esse si purificavano dai veleni lasciati da un serpente, classica incarnazione del maligno. Ma l’unicorno è sempre un animale spaventoso, afferma Richart de Fournival: «Questa la sua natura: non esiste alcun animale così pericoloso da catturare, e in mezzo alla fronte ha un corno al quale nessuna armatura può resistere, tanto che nessuno ha il coraggio di attaccarlo e di avvicinarglisi tranne una fanciulla vergine. Perché quando ne riconosce una al fiuto, si inginocchia davanti a lei e si inchina con umiltà e dolcezza, come volesse mettersi al suo servizio. Sicché i cacciatori avveduti che conoscono la sua natura, mettono la vergine al suo passaggio. E l’unicorno si addormenta nel suo grembo; allora, quando è addormentato, giungono i cacciatori che non avevano il coraggio di attaccarlo da sveglio e lo uccidono».

La Frugoni ci infilza per la seconda volta: la purezza della vergine, la donna immacolata, figura tanto cara alla cristianità come a molte altre religioni, è l’unica in grado di domare le bestie temibili e sanguinarie, l’unica che con la sua integrità riesce nel compito che nemmeno i grandi e valorosi cacciatori osano affrontare. Qui l’iconografia si eleva a raffigurazioni agghiaccianti quanto, all’epoca, assolutamente credibili (Immagini 4 & 5).

4. La cattura dell’unicorno, Biblioteca municipale, Douai, 1270–1275
5. L’unicorno attratto da una fanciulla nuda, British Library, Londra, XIII secolo

IV. Mappe Mundi. Un viaggio sulle carte.

«Dove vivevano i tanti animali pericolosi e minacciosi che abbiamo via vi incontrato, citati da tanti autorevoli testi?». Chiara Frugoni inizia il quarto capitolo con questo interrogativo che stuzzica all’inverosimile la mia curiosità. Ebbene, dove vivevano? A mostrarcelo sono le mappe mundi, le carte del mondo che, sebbene la consapevolezza del globo sferico fosse già consolidata, continuavano a essere tracciate con l’antica schematizzazione di una terra piatta circondata dall’anello dell’oceano con l’Asia nel semicerchio superiore e in quello inferiore l’Europa e l’Africa. L’America no, lo sappiamo, solo alla fine dell’Età di Mezzo sarà scoperta. Nella mappa mundi di Ebstorf (Immagine 6), la Frugoni ci farà viaggiare alla scoperta di nuove e paurose bestie. 

6. Mappa Mundi di Ebstorf

Partendo da in alto a sinistra troviamo delle iscrizioni. «De quarumdam avium naturis» ovvero «Le nature degli uccelli» dove si susseguono l’avvoltoio, il cui volo non è di buon auspicio, le aquile e il pappagallo, che con la lingua più grande rispetto agli altri uccelli può articolare delle parole. Poi ci fermiamo al cospetto del fiume Acheronte «Se qualcuno sente col naso o colla bocca l’odore di quel fiume o ne aspira un poco dopo che i raggi del sole se ne sono andati, non può essere curato poi da nessun medico ma viene meno progressivamente per una malattia inesorabile». Ancora, compare l’ibis, uccello del Nilo, e la popolazione dei Pigmei che risiede nelle isole Viarce e Bridinno che combatte contro le gru per mezzo di lance. Eccoci alle dyomede sulle isole Tremiti, poi ai pellicani, che simboleggiano il Creatore. L’elenco animale si interrompe e sulla destra ritroviamo il racconto della creazione. La Frugoni riporta quanto scritto e riprende il concetto di mappa mundi: «L’autore della carta di Ebstorf attribuisce a Cesare l’idea di avere fatto misurare la terra e raccogliere ogni particolare geografico in una mappa figurata, fondatore di un “genere letterario” nuovo, se così posso dire». Eh, sì, perché la raffigurazione del mondo, così come di ogni altra storia si volesse informare, esposta nelle chiese e nei monasteri era di vitale importanza per far comprendere al popolo, ben poco colto e analfabeta, ciò che là fuori accadeva, o almeno ciò che si credeva accadesse. 

Tornando al Bestiario scritto al di fuori della mappa, in basso leggermente sulla destra troviamo la parte intitolata «Le ignote nature di queste belve e poche parole a loro riguardo, in queste righe, se leggi, troverai» tra le quali l’unicorno, il sanguinario pardo al quale segue il leopardo (nato da un adulterio tra un leopardo e una leonessa); poi gli elefanti, i cani dell’Albania, i camaleonti, l’istrice, la cerbiatta, i cervi, i bufali, i cammelli, i dromedari e i cinghiali. Ancora, l’onagro, un feroce asino che vive in Africa, e il leone che non attacca se non provocato; poi segue la tigre, velocissima e la pantera con il manto «cosparso da piccoli cerchietti come fossero tanti occhi giallo-bruni». 

Ecco che arrivano le scimmie, sulle quali la Frugoni si sofferma per spiegare che pur essendo molto simili in forme agli uomini, esse non lo sono e come tali non debbono essere trattate. Le scimmie conoscono gli elementi e i cicli della luna, ma non posseggono l’ingegno umano. Appaiono dei Satiri, classificati come “scimmie silvestri”, e si sottolinea come non abbiano nessun tratto umano, se non l’aspetto, è certo. 

L’elenco continua immergendoci nel mondo dei draghi, serpenti dalle forme e dimensioni più svariate, dal dipsade, al basilisco, dall’idra o enidro al chelidro che «corre sempre in linea retta altrimenti si spezzerebbe a metà». Tutti esseri spietati, comprese le sirene: «serpenti alati che vivono in Arabia». La Frugoni continua l’elenco descrivendo fattezze e caratteristiche di molti altri animali che vi lascio scoprire da soli. 

V. Animali veri e pericolosi. San Francesco.

Tra gli animali con cui l’uomo del Medioevo doveva fronteggiarsi, la Frugoni ricorda in primis il lupo «incuteva terrore perché di solito non si trattava di affrontare un solo esemplare, ma un branco. Rapidi, intelligenti, feroci, i lupi erano temuti per l’insaziabile voracità, per la loro astuzia combattiva». Ma ecco che anche il lupo si trasforma divenendo mannaro: un uomo capace di trasformarsi in lupo, incarnazione del maligno, omicida e infanticida. Ma anche per combattere il lupo esisteva un sotterfugio: se si era così sfortunati da essere avvistati per primi, allora bisognava denudarsi e fare rumore con le pietre e gli oggetti che ci si ritrovava accanto (Immagine 7). La trasposizione dell’animale in maligno non è l’unica giustificazione di alcuni comportamenti soliti agli uomini medioevali; nel volume Vivere nel Medioevo. Donne, uomini e sopratutto bambini, la Frugoni ricorda come i neonati fossero soliti morire di soffocamento durante il sonno (mentre in realtà era la balia che, dormendo nello stesso letto, li schiacciava) o essere scambiati con un bambino – demonio (scusa perfetta per liberarsi di un figlio indesiderato). 

7. Come mettere in fuga il lupo, senz’armi, British Library, Londra, 1230 circa. 

Anche gli orsi, ben meno visibili ma comunque comuni, potevano essere ammaestrati quando, per punizione delle stragi di asini e cavalli, venivano obbligati a trasportare legna e bagagli. Dice la Frugoni «Nelle storie dei santi l’orso è sempre domato e servizievole come ad esempio nella storia di san Glisente». Glisente, paladino di Carlo Magno, si fece eremita sui monti di Brescia e venne sfamato, per intercessione divina, da un’orsa che gli portava ogni giorno frutta ed erbe.

Un’informazione che mai ero riuscita a reperire, la Frugoni la introduce proprio al termine del volume, quando ormai pensavo di aver letto le parti più succulente: i processi agli animali. Non voglio entrare nei particolari, altrimenti dovrei svelare troppo i contenuti, ma posso anticiparvi che nulla, nel Medioevo, veniva lasciato al caso e a volte i santi, e San Francesco in particolare, sono in grado di stringere patti con le bestie del creato, riportando la pace e l’armonia pur mantenendo immutata la natura degli animali, carnivori per giunta. «Un atteggiamento unico, nel Medioevo, sordo in generale ai bisogni e alle sofferenze degli animali. E oggi?».  Già, e oggi?

***

Mentre sfogliavo questo volume, prima ancora di leggere la quarta di copertina, le sole illustrazioni mi hanno condotta in un mondo diverso, forse più reale e spietato di quello magico al quale ero abituata. Ho letto molti saggi, ricerche, articoli, libri in merito a questi mille anni di “passaggio”, eppure, ancora adesso, c’è qualcosa che mi sfugge. Non è forse un unicorno quello lì, in giardino?

Se come me volete intraprendere un nuovo viaggio, ecco dove potete trovare il libro di Chiara Frugoni:

Ecco il booktrailer del volume: BookTrailer Uomini e animali nel Medioevo & gli incontri con i lettori fino al 30 Gennaio 2019 Chiara Frugoni incontra i lettori


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