Scrivete di pesantezza o di leggerezza? – L’insostenibile leggerezza dell’essere

«L’idea dell’eterno ritorno è misteriosa e con essa Nietzsche ha messo molti filosofi in imbarazzo: pensare che un giorno ogni cosa si ripeterà così come l’abbiamo già vissuta, e che anche questa ripetizione debba ripetersi all’infinito! Che significato ha questo folle mito?»

Già, che significato? Un cerchio destinato a ripetersi all’infinito, a percorrersi per sempre e, per sempre, uguale a sé stesso. Con questa idea, Milan Kundera apre il suo più famoso romanzo, L’insostenibile leggerezza dell’essere. Non è un’idea banale, né qualcosa che trascende nel mistico, ma una constatazione di vita: l’eterno ritorno attanaglia la nostra esistenza, producendo o una passione sfrenata per gli eventi della vita o un profondo baratro esistenziale in cui chiunque può credere che ogni azione compiuta non porti a nulla, poiché destinata a ripresentarsi nella stessa identica forma.

Perché Kundera, che parla della “pesantezza di ciò che ci appare leggero” avrebbe dovuto aprire il suo romanzo con questo pensiero? Uno dei protagonisti, Tomáš, si rifà al proverbio tedesco einmal ist keinmal”, ciò che avviene solo una volta è come se non fosse mai avvenuto poiché se l’uomo può vivere solo una vita, è come se non avesse mai vissuto. Proprio così, se accade una volta non è davvero accaduto. O forse sì?

L’insostenibile leggerezza dell’essere è uno di quei romanzi di cui i miei occhi non si sono mai stancati. L’autore non cerca verosimiglianza; anzi, a un certo punto ci comunica esplicitamente che i personaggi non sono reali, che sono frutto delle parole, che si creano a partire da delle metafore. Ma è proprio questo aspetto che mi ha tenuto incollata alle pagine: raccontando una storia, Kundera è riuscito a raccontare l’anima dell’uomo e la sua costante ricerca verso ciò che non conosce, verso ciò che da sé è più distante.

Chi è intriso di pesantezza, prova amore per chi ha lo spirito leggero (così Franz verso Sabina); chi, al contrario, è leggero, viene spinto da una sorta di compassione per chi ha sulle spalle il fardello del vivere. Quale delle due condizioni è la peggiore? La leggerezza non tarda a far sentire il suo peso, così come la pesantezza arretra alla paura della leggerezza.

Il quartetto amoroso che si crea non delinea solo le relazioni vere e proprie tra i personaggi, ma scava nel profondo della psiche umana, in un contesto di conflitto tra paesi, famiglie e anime. 

Qui, vorrei riproporvi uno dei passi che più mi ha fatto capire quanto Kundera avesse trivellato i pensieri dell’uomo e dell’umano, in relazione all’umanità vista come società: «La prima volta che entrò nell’appartamento di Tomáš [Tereza], la sua pancia si mise a gorgogliare […]. Ma chi non pensa al proprio corpo, ne diventa più facilmente vittima. Era terribile stare davanti a Tomáš e sentire la propria pancia parlare a voce alta […]. Tanto tempo fa, l’uomo ascoltava con stupore un suono di colpi regolari che veniva dal suo petto e non si immaginava certo che cosa fosse. Non riusciva a identificarsi con una cosa tanto estranea e sconosciuta come un corpo. Il corpo era una gabbia e al suo interno c’era qualcosa che guardava, ascoltava, aveva paura, rifletteva e si stupiva; questo qualcosa […] era l’anima».

Eccezionale, non trovate? Sentire il corpo come qualcosa di estraneo, poiché il vero essere è dentro, è anima. Sono convinta che Kundera abbia voluto trattare il tema dell’eterno ritorno perché dà la possibilità di interpretare la vita nei due differenti modi che lui ci descrive: la leggerezza e la pesantezza. Sì, perché ognuno può sentire l’eterno ritorno come qualcosa che lo schiaccia o, al contrario, come un alito di vento leggero.

Consiglio assolutamente la lettura di questo romanzo, non solo a chi vuole approfondire le riflessioni dell’autore sulla vita, ma anche ai giovani scrittori, per capire l’importanza dell’utilizzo dei termini e delle parole, il loro suono, i loro colori e la loro forza. 

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Voi come siete? Pesanti o leggeri?

Se volete acquistare il libro, ve lo consiglio: L’insostenibile leggerezza dell’essere

A presto, Gloria

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37 risposte a “Scrivete di pesantezza o di leggerezza? – L’insostenibile leggerezza dell’essere”

  1. Un libro che avevo messo tra quelli da leggere, ma l’ho ancora letto!
    Riguardo la tua domandina, io penso che non si possa essere solo leggeri o solo pesanti, c’è più che altro una tendenza verso uno di questi due poli, se così vogliamo dire… ognuno dei quali dà comunque un certo “nutrimento”.
    Personalmente, mi piace essere tendente alla leggerezza ma, solo quando mi sentivo “pesante”, credo di avere scritto i pensieri più significativi.
    Penso sia questione di trovare un equilibrio! E tu che ne pensi?

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    • Ciao Maria!
      Io sono pienamente d’accordo con il tuo pensiero! Si tratta di tendenza, verso uno o l’altro polo. Quando scrivo tendo alla leggerezza nella parole e alla pesantezza nel contenuto; è difficile da spiegare, ma così ho trovato un equilibrio!
      Grazie per il commento ☺️

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      • Credo di capire bene quello che intendi, e se ho veramente capito bene, ti dico che anch’io ho cercato spesso di realizzare una cosa del genere 😀 più che pesantezza la chiamerei “profondità” 😄

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      • Esatto! Che poi è ciò che intende anche Kundera con il termine “pesantezza”!
        Se ci hai provato, ti consiglio davvero di leggere questo romanzo! Mi ha aiutato parecchio a capire le differenze di questi modi di scrivere ☺️
        Un caro abbraccio,
        Gloria

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  2. Bellissima recensione, che condivido. Ho letto il libro anni fa perché da giovane ho letto e apprezzato molto Nietszche. Allora il libro non mi fece una grande impressione ma queste tue riflessioni mi hanno fatto venir voglia di rileggerlo.

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  3. Letto molto tempo fa e mi è piaciuto molto, soprattutto nel sottolineare che tutti i protagonisti sono un pezzo dell’autore che poi diventa altro. Qualcosa che non siamo stati, che saremmo voluti essere o no. Nella mia scrittura tendo alla leggerezza, la pesantezza è circoscritta ad alcuni capitoli (per i lavori lunghi) o ai racconti. Tutto in romanzo in tensione, al momento, non lo reggerei!

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    • Ciao Katy! 🙂
      Credo sia uno di quei romanzi che hanno bisogno del momento giusto e dello stato d’animo giusto per essere letti!
      Io cerco sempre un equilibrio tra le due cose, pesantezza e leggerezza, e se mi dilungo troppo da una parte o dall’altra, tento sempre di rivedere e modificare! Ma a volte è meglio non toccare nulla e lasciare che il lavoro sia, per così dire, “di pancia“!
      Un abbraccio!

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  4. L’ho riletto più volte come ottimo libro sul sadomaso, cosa che nessuno sa nell’ambiente. Ma quando scrivo io non mi ispiro mai a nessuno. Anche perchè è troppo vasta la quantità di autori letti da me, e molto apprezzati, che sarebbe impossibile sceglierne uno.

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    • Ciao! Credo che quando si scrive non ci si ispiri mai a nessun autore in particolare (non si dovrebbe comunque), ma come per ogni cosa che facciamo, il nostro bagaglio di conoscenze e esperienze si ripresenta anche se non ce ne accorgiamo.
      Per quanto riguarda il sadomaso, credo che tu ti riferisca alle scene di sesso tra Franz e Sabina e alle riflessioni di Tereza sulla nudità, giusto? Penso che siano profonde riflessioni sessuali e di rapporto con il nostro corpo, più che mere scene da film d’amore. Oppure ti riferisci al senso di frustrazione e alla quesi ricerca di dolore da parte dei personaggi? Fammi sapere! Grazie per la tua opinione!

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      • No, non mi riferisco alle scene sessuali ma al tipo di legame perverso che nasce tra i due personaggi. E’ un tipo di legame strano che include certe pulsioni inconsce. Lui va con altre donne ma Sabina appartiene a lui ed è sua e le altre donne sono solo un’abitudine. Si crea una specie di dipendenza, di simbiosi patologica che è basata sulla sofferenza anche, che è propria del sadomaso.
        Le scene di nudo sono erotiche. Il sadomaso è una cosa molto mentale, al contrario di quello che pensano molte persone. La fisicità a volte non esiste proprio. Conosco coppie di persone che fanno sadomaso che non si sfiorano mai. Purtroppo in giro ci sono opere e film che hanno sviato il vero fondamento di questo tipo di legame.

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      • No ho mai approfondito il lato mentale del sadomaso, come mi dici tu! Sicuramente mi informerò meglio, ma per quanto riguarda i personaggi mi riferivo proprio alla costante sofferenza che ricercano, in qualche modo, proprio come dici tu. Sabina dopo un po’ rinuncia a Franz e credo sia questa la svolta che ha voluto creare Kundera. Una liberazione, per così dire, da ciò che di pesante influenzava la vita di Sabina. Franz, al contrario, si rende conto troppo tardi della mancanza di “leggerezza” che gli trasmetteva Sabina.
        Grazie mille per il tuo commento! Sono sempre contenta quando si può discutere e confrontarsi su un’opera!
        A presto e buona Pasqua!
        Gloria

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