Intervista a Mirco Mannucci: #editorescrittore

© Editor Gloria Macaluso

Se è scritto che due pesci nel mare debbano incontrarsi, non servirà al mare essere cento volte più grande.
Stefano Benni

Quando parlo con i miei autori, spesso sostengono un tono riservato, cupo, poco cordiale senza rendersi conto che per il solo fatto di leggere i loro scritti io entri in profonda e completa intimità con la loro mente.

Non è certo stato il caso di Mirco, che fin da subito si è rivelato un’anima senza freni. Abbiamo lavorato sulla sua raccolta di poesie, Oxymora, già edita negli USA, per circa un mese e mezzo e ad ogni mia lettura scoprivo qualcosa di nuovo, un sentimento umanamente condiviso. Nelle sue parole ho spesso trovato un mio ricordo e questo mi capita raramente. È stato un lavoro lungo, un taglia e cuci infinito, a volte ridondante, sempre a caccia della traduzione corretta, della virgola al posto giusto, del richiamo alla giusta parola, al giusto significato.

Alcune poesie le ho sentite così vicine da volerle recitare, e forse un giorno vi farò sentire anche la mia voce. Nel frattempo, però, lascio spazio alle sue parole e vi riporto un piccolo estratto della prosa poetica Hyparxis, la mia preferita.

Ci siamo già incontrati? Sì, ci siamo incontrati, molto tempo fa. Lo scenario era un po’ diverso, non c’erano auto fuori, solo tonfi di cavalli stremati sulla strada lastricata di ciottoli.

Ma che differenza fa?

[…]

Quella lunga sciarpa, l’ho amata così tanto, così infantile eppure così intima; è ancora lì, sulle tue spalle lievemente piegate. E tu ridacchi, cara, so perché: anche la mia pipa è come dovrebbe essere. Ti ricordi questo forte tabacco, viene dai Balcani, lo compravo in quel piccolo angolo del centro, e tu mi dicevi:

«Sei così virile quando fumi, adoro quel profumo!

Mi fa sognare Istanbul, gli harem, i veli, i canti…».

[…]

«È la nostra ultima volta, prima che l’antico orologio si fermi. Qual era quella parola greca che amavi così tanto, di quel tempo oltre il tempo, oltre la ripetizione, oltre l’eternità?» Iparxis. Un nuovo inizio.

«Hyparxis… Creeremo un nuovo inizio. Insieme. Adesso».

Una coppia scivola abilmente tra i tavoli stipati.

Dopo, solo una lenta danza e il sax baritono scuro.

Al termine del lavoro, non soddisfatta delle molte spiegazioni che Mirco mi concedeva, gli ho proposto una breve intervista per poter comprendere appieno il suo modo di scrivere, di catturare le emozioni e trascinarle sulla carta; nonché qualche curiosità in più sulla sua vita in America. E quando mi ricapitava?

Ecco l’intervista.

  • Caro Mirco, parlaci un po’ di te. Un italiano in America, mi ricorda tanto Alberto Sordi.

Già, solo che non sono romano. È una lunga storia. Diciamo che sono partito tanti anni fa, per un dottorato di ricerca a NYC (matematica) , e non sono più tornato. Oppure, diciamo la verità: io non ho mai fatto piani, andavo come una barchetta alla deriva: sono finito negli USA e mi sono incagliato.

  • Come hai iniziato a scrivere poesie?

Scrivevo poesie (ora non le chiamerei più così, è una parola troppo ambiziosa) dai tempi del liceo: le solite storie, un amore giovanile, la mia tristezza, un pizzico di auto glorificazione…

  • Cosa ti ispira di più durante la loro stesura?

Ora ho capito che scrivere è Lavoro. Nota la L maiuscola. È certamente ispirazione, ma anche tanta fatica, labor limae, come diceva qualcuno. Scrivere (e leggere) davvero è crescita interiore, alchimia interna.

  • Come è nata Oxymora, la raccolta sulla quale abbiamo lavorato?

È nata nel 2008: avevo scritto qualche poesia del ciclo, e ho cominciato a postarle come note su Facebook. Le ho pubblicate su LULU nel 2011, poi ho capito che il libro richiedeva molto più sudore.

  • Lascia che ti faccia una domanda sulla mia poesia preferita “Hyparxis”. Chi è la donna? Insomma, potrei azzardare dicendo che si tratta di una “storia vera”?

    Curiosona. Sì, è una donna vera, anche se quella “serata” non e’ mai avvenuta in questa realtà, almeno non come me la sono immaginata io. Hyparxis è un tempo altro, il tempo della attualizzazione di tutte le possibilità, e la poesia che citi appartiene a questo tempo: in un certo senso è più reale della “realtà”. Anzi, è talmente reale, almeno per me, da starci male.

  • Hai mai vissuto il blocco dello scrittore? Se sì, come lo hai superato?

Come si supera ogni cosa: con il fuoco della passione, quando appare, e con la disciplina, quando invece quel fuoco langue. Bisogna scrivere come se si fosse in mission impossible, non come un hobby. Se scrivi da hobbysta, la tua scrittura sarà solo un gioco.

  • E quello del lettore?

Come lettore da giovane ero vorace, adesso molto meno. Ho poco tempo, e soprattutto adesso cerco di leggere come cerco di scrivere, con passione e disciplina.

  • A quali modelli ti ispiri, se ci sono? E quali sono i tuoi autori preferiti?

Immagino tu intenda in poesia. Allora, come hai certamente notato, molte delle mie poesie sono prose poetiche (ma non tutte) . Lì mi ispiro principalmente a Dino Campana, Canti Orfici. Un autore che venero. Ma amo anche le poesie filosofiche di TS Eliot, nei Four Quartets, amo il primo Montale, Vigolo, Paul Valery, Quevedo, Gabriela Mistral, John Donne, Trakl, la lista è lunga….

  • C’è, o c’è stato, un autore o un libro in particolare che non hai mai sopportato?

Sì. Tristam Shandy. Mai riuscito ad andare oltre pagina dieci. Troppe digressioni, come nella mia vita. Mi fa venire la nausea.

  • E uno che hai amato sopra ogni altro?

A rischio di essere banale, Dostoevsky. Ci sono una dozzina di autori che adoro, ma Dosto era, è e sarà sempre in cima alla vetta. La sua scrittura brucia, ti marchia a fuoco.

  • Com’è la vita da scrittore? Insomma, se volessi descrivere un tua “giornata tipo”, cosa diresti?

Direi che è un caos completo, e il sottoscritto che cerca di mettervi ordine. Si scrive anche per questo. Forse si scrive proprio per questo.

  • Abbiamo detto che vivi in America. Posso farti qualche domanda politica? Nel bel paese siamo un po’ tutti dei punti interrogativi sul governo Trump, anche se io ho le idee ben chiare.

Trump è solo l’espressione di quello che sta succedendo un po’ dovunque. Il caos incalza, con il suo seguito di personaggi di piccolo cabotaggio, di politicanti equivoci, di imbonitori di bassa lega. Insomma, un bel mondo. Per fortuna c’è la poesia…

  • Trovi che ci siano grandi differenze tra la cultura della cultura in America e in Italia? Quali sono le più lampanti, a tuo parere?

In America sono ancora barbari, ma molto vivi. In Europa la cultura la respiravi nelle strade, nei caffè, dovunque. Solo che l’Europa è vecchia, la gente stanca. Ora l’Europa morente sta trasformandosi in America, le nuove generazioni mi sembrano sempre più lontane dall’Europa che conoscevo io. Aggiungo solo una cosa: quando un americano è veramente colto, e non sto parlando di espertise, allora è coltissimo (e generalmente filoeuropeo).

  • Se potessi, cambieresti qualcosa della tua vita?

Quasi tutto. Ma soprattutto parlerei molto meno, e scriverei di più.

  • E quale consiglio daresti ai giovani scrittori e poeti?

Sì. Se volete diventare scrittori, dovete avere passione, autentica passione, e poi dovete imparare la disciplina, Senza la seconda la prima si ferma. Dovete essere spietati con voi stessi. Ogni giorno.

  • Mi faccio un po’ di pubblicità, dai. Ti sei trovato bene nella nostra collaborazione? Credi di averne cavato fuori qualcosa di nuovo?

Bene? Tu sei un po’ come la fatina di Pinocchio: una bella boccata di ossigeno. Certo che ne ho cavato qualcosa di nuovo. Soprattutto per le tue recite. Fa un’impressione incredibile sentire la tua poesia narrata da qualcun altro, rendersi conto che la tua poesia è una creatura indipendente, che può essere condivisa.

Ad ogni modo grande raccomandazione: ti consiglio a tutti.

  • Quali sono i luoghi in cui ti trovi meglio a scrivere? Ad esempio, ami la natura? Io adoro passeggiare nei campi e nei boschi.

Io vado nei boschi tutti i sabati, e quasi ogni giorno mi faccio una lunga passeggiata nel parco. Bisogna spurgarsi della propria umanità, ogni tanto.

  • Cambiamo genere, ti piacciono i film? Qualche preferito?

Vedo pochi film di recente. Però alcuni li adoro da sempre: il Terzo Uomo di Orson Welles, Solaris di Tarkovsky, Morte a Venezia di Visconti, Il Giardino dei Finzi Contini, praticamente tutto Bergman. Il leggendario Casablanca che devo avere rivisto almeno una dozzina di volte, Kubrick a go go, Casino Royale (quello con Daniel Cragi), la lista sta diventando un po’ lunga.

  • Questa è strana. Cosa pensi di Harry Potter? Come fenomeno letterario, intendo. Cosa pensi della sua fama e del messaggio che trasmette?

Non ne penso nulla perché non l’ho mai letto (vergogna, o forse no). L’unica cosa che so è che a un certo punto appare Nicolas Flamel, un personaggio tanto caro a noi alchimisti.

  • La tua citazione preferita, il tuo motto.

La realtà è quella cosa che, quando smetti di crederci, è ancora lì. Philip K. Dick,

  • Un saluto e un augurio

Anche a te di cuore.

***

Credo che il rapporto fra scrittore ed editor debba essere tanto professionale quanto profondo e regalare a entrambe le parti almeno una piccola parte di ciò che siamo.

Per chi volesse scoprire gli altri lavori di Mirco, cliccate QUI 

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A presto,

Gloria

 

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