Scrittura Creativa – 7 modi per scrivere dialoghi migliori

Editor Gloria Macaluso

In generale, gli scrittori sono convinti segretamente di essere letti da Dio.

Giorgio Manganelli

Cari amici scrittori, oggi parliamo di un tema spinoso per ogni romanziere e aspirante tale: i dialoghi.

Ho visto dialoghi orrendi in libri meravigliosi, e libri meravigliosi oscurati da dialoghi orrendi. Poi, qualche perla: dialoghi stupefacenti in libri noiosi. Tutto dipende, insomma. I dialoghi sono, a mio parere, la parte più difficile della scrittura narrativa “pratica” – intendo proprio l’azione di battere i tasti, scrivere a penna ecc. – e non perdonano nessuno. E soprattutto il lettore non perdonerà voi.

Quindi, oggi voglio darvi 7 consigli per scrivere dialoghi migliori, scaturiti dall’esperienza nella revisione e dalla buona lettura (nulla vi insegnerà a scrivere meglio, anche i dialoghi, se non leggere).

Perché il dialogo è così importante?

Caratterizza i personaggi, dà loro un tono, un volto, una voce; crea tensione, aspettative, rivela l’azione; prefigura eventi imminenti, fa “leggere tra le righe”, dà potere al tema della nostra storia.

Forse è proprio la sua versatilità che rende la scrittura del dialogo così complessa (e fa paura) per molti scrittori. Ogni parola del nostro romanzo deve avere uno scopo, com’è possibile farlo con i dialoghi? Iniziamo a scoprirlo.

Prima di lasciarvi andare, però, vi ricordo…

… che è nata La Bussola – WritersBox. Un box personalizzato per gli scrittori fatto da me sulle vostre esigenze per scrivere la storia che nascondete nel cassetto (e in cui vi darò consigli anche sui dialoghi!) Scoprite La Bussola e La Bussola MINI cliccando QUI.


1. Un buon dialogo è reale e ha uno scopo

Il linguaggio utilizzato nei romanzi deve essere il più possibile simile a quello utilizzato nella vita quotidiana (dell’epoca scelta per il libro, ovvio). Se quindi ambientate il vostro romanzo nella Parigi del ‘600 certo non scriverete “Caz*o, dottore, che cosa devo prendermi per farmi passare sto male alla testa”. Ovvio.

Attenzione, però. Nella vita reale noi balbettiamo continuamente, riempiamo i vuoti con parole inutili e spesso parliamo quando potremmo stare in silenzio. Non tutto deve essere riportato nello scritto, anche se alcune cose potranno caratterizzare la voce (vedi punto 2).

Inoltre, ogni dialogo deve avere uno scopo. Una conversazione del tipo: “Ciao, come stai” “Tutto bene, tu?” è orripilante da leggere in un romanzo, e anche se avesse uno scopo le parole scelte sono sbagliate. Se fate dialogare due personaggi, questo dialogo deve avere un senso, deve portare a qualcosa o fare qualcosa. Tenete a mente che ogni dialogo, per avere uno scopo, deve avere almeno una di queste intenzioni:

  • Caratterizzare il personaggio che parla, quindi far intendere al lettore la sua personalità.
  • Prevedere o annunciare un evento futuro del romanzo.
  • Spiegare o chiedere spiegazioni su un evento passato.
  • Creare l’atmosfera dell’evento presente (se i vostri personaggi sono in un cimitero e volete far provare “paura” il dialogo è importantissimo).
  • Suscitare un’emozione (nel lettore).

2. La voce del personaggio

Per voce del personaggio intendo tutta quella serie di caratteristiche che ne compongono il linguaggio e il modo di esprimersi, compreso il suo idioletto (ovvero il suo complesso di strutture linguistiche). Ad esempio, quando parlo con qualcuno sono solita ripetere molte volte la parola “appunto”: questo fa parte del mio idioletto. I personaggi possono ripetere (ogni tanto) una parola o una serie di parole che ne contraddistingua la persona. Potrebbero dire spesso “infatti” oppure un’esclamazione (miseriaccia!).

Lo stesso vale per le parole “mute” come “ehm”, “be’”, “mhmm” e simili. La voce però non si esaurisce in questo. Ogni personaggio deve avere una propria personalità e questa personalità deve rispecchiarsi in ciò che dice. Un camionista del Texas, burbero e sboccato, non dirà mai “Devo andare alla toilette” ma “Devo andare a cag*are”.

3. I personaggi non dicono sempre tutto

Come una persona reale, anche un personaggio di carta non dirà sempre quello che vorrebbe dire. I silenzi, a volte, parlano. Le situazioni in cui i personaggi non vogliono essere onesti (o non possono) sono la maniera migliore per caratterizzarli (e danno uno scopo al dialogo).

Bisogna però ricordare che se l’altro interlocutore non può sapere, questo non significa che non possa sapere il lettore: dosate bene il mistero per non farlo diventare snervante (o noioso).

4. Ripetizioni e didascalie

Attenzione, quando scrivete i dialoghi, a non ripetere ciò che è già detto all’interno della didascalia. Ad esempio: «Ahi!» frignò. “Ahi!” è già un segnale di lamento, perché ripetere “frignò”? Le interiezioni sono i tranelli peggiori. Occhio.

5. Le relazioni e il linguaggio del corpo

In situazioni diverse i personaggi si comportano in modi diversi, come le persone. Sulla carta questo è ancora più importante. Se il tuo protagonista parla allo stesso modo con la cassiera del supermercato e con l’amore della sua vita, c’è un problema. Qui si trova l’importanza di una buona caratterizzazione.

Inoltre, il linguaggio del corpo rivela molto dei personaggi. Si deve fare in modo che questi si muovano anche durante il dialogo, utilizzando le didascalie. Ad esempio: «Karen, ti prego… vieni qui.» Mi avvicinai e tentai di sciogliere il groviglio di braccia che aveva appoggiate sul petto.

6. Rivolgersi all’altro per nome è strano

Leggo in una marea di romanzi il nome e cognome all’interno dei dialoghi. No, vi prego, è brutto. «Maria Rossi, io ti amo!» è ciò che di più banale potrete mai scrivere. Infatti, nella vita reale molto spesso non chiamiamo per nome il nostro interlocutore. Questo non significa che non si possa fare, ma con moderazione. Se è chiaro con chi il nostro personaggio sta parlando, perché ripeterlo?

7. Leggi ad alta voce

Più che per scriverlo, questo consiglio serve ad assicurarsi che il dialogo sia fatto bene. Leggerlo ad alta voce. Fatelo. So che è strano, ma fatelo e vi renderete conto dei punti che stonano, delle parole superflue, della coerenza interna al linguaggio e della voce del personaggio.


Ecco alcuni articoli che potrebbero interessarvi

Caratterizzare il personaggio

2020: Guida alle Case Editrici BIG

5 abitudini degli scrittori (di successo)

Rimanete aggiornati sul mondo dell’editoria seguendomi su Instagram con #editoriaportamivia – @editorgloriamacaluso QUI

A presto,

Gloria

8 risposte a “Scrittura Creativa – 7 modi per scrivere dialoghi migliori”

    • La forma accentata è scorretta in tutti i casi. In italiano si predilige la forma troncata, quindi «be’» con il significato di “bene” o “ebbene” inteso come interiezione. Si può utilizzare anche la forma sradicata dall’inglese, quindi «beh», ma raramente viene poi accettata. Per evitare dubbi, io uso solo «be’». Be’, ho detto tutto 🙂

      Piace a 1 persona

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un’icona per effettuare l’accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s…

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

Blog su WordPress.com.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: