La paura è un’emozione primaria – storie ai tempi del #coronavirus

L’importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza.

Giovanni Falcone

Ho tendenze ipocondriache, le ho sempre avute. Sono anche schizzinosa, e odio il contatto fisico di circostanza. Il panico è un’emozione che ho sperimentato solo recentemente, negli ultimi anni, e non sono mai stata in grado di gestirlo. Per questo cerco di evitare le situazioni che potrebbero farlo avvicinare, silenzioso, ma il risultato non è dei migliori perché a quel punto ho il panico di temere le situazioni in cui potrei provare panico.

Insomma, un circolo vizioso.

Sarei ipocrita se dicessi: ah, sapevo che sarebbe successo. No, non lo sapevo. O meglio, non me ne interessavo. Ma sono sincera nel dire che non ho intenzione di parlarne ancora in termini disastrosi, quelli li potete trovare in ogni dove.

Qui, in effetti, non parlerò del coronavirus, perché non ne ho le competenze e né, perdonatemi, la voglia. Non parlerò nemmeno della mia esperienza qui al Nord, perché non è molto diversa da quella di tante altre persone, e non la reputo più importante. Parlerò, invece, della paura, del sentimento primario della paura.

La paura è un’emoziona primaria, l’emozione che tutti gli animali, noi compresi, provano e sperimentano in maniera differente e con diversi scopi. In psicologia, e lo vediamo spesso nel comportamento animale, la paura è principalmente ritenuta un’emozione utile alla sopravvivenza poiché stimola l’istinto di difesa e protezione.

Il Treccani la definisce così: “Stato emotivo consistente in un senso di insicurezza, di smarrimento e di ansia di fronte a un pericolo reale o immaginario o dinanzi a cosa o a fatto che sia o si creda dannoso; più o meno intenso secondo le persone e le circostanze, assume il carattere di un turbamento forte e improvviso quando il pericolo si presenti inaspettato, colga di sorpresa o comunque appaia imminente“.

Senza entrare in complesse definizioni di anatomia (QUI però potete farvi una cultura e capire il meccanismo del nostro cervello), gli scienziati ormai concordano sul fatto che l’amigdala, un complesso nucleare situato nel lobo temporale del cervello, gestisce le emozioni e in particolar modo la paura. L’emozione della paura è tra le più sviluppate nel nostro cervello, e tra le più recondite e istintive, e dà la sensazione che qualcosa minacci la nostra esistenza in tutti i suoi campi, quindi anche quando si riferisce alla paura verso coloro che amiamo.

Quest’ultima, la paura che qualcosa possa minacciare coloro che amiamo, la considero la più dannosa e, sicuramente, quella che martella più insistentemente. Si tratta, se vogliamo, di una paura più egoista della paura per sé, perché coinvolge anche altre emozioni, come l’amore o il timore dell’abbandono.

Una sottocategoria della paura, sempre esistita ma studiata in tempi più recenti, è l’ansia. L’ansia ci lascia davanti a una bilancia nell’attesa che i piatti si inclinino da una parte o dall’altra. A sua volta, l’ansia come derivato della paura può degenerare in panico che è il massimo livello della carica emotiva e attiva il presentimento di morte o di massima distruzione.

Senza esagerare, credo che lo stiamo vivendo in questi giorni.

Secondo uno studio del 1960 svolto sui bambini dai quattro e cinque anni, solo due paure sarebbero innate: quella di cadere e quella dei rumori forti. Le altre, comprese le differenti fobie, vengono introdotte e assimilate a seconda delle influenze esterne, del rapporto con l’ambiente e con coloro che lo abitano. Quindi, la paura può anche essere “appresa”.

Sono convinta che pochi di noi abbiano avuto paura di un’epidemia sconosciuta negli ultimi anni. Ma abbiamo “imparato” questa paura alla quale abbiamo poi unito gli altri timori che ci assillano (economici, di salute, sul futuro e simili).

Alla paura, principalmente, le risposte sono due: “combatti o fuggi”. Non c’è l’indifferenza, se si prova timore.

Bene, dopo questa carrellata approssimativa sulla paura veniamo al punto: come combatterla? Perché di fuggire, dai, non se ne parla.

Leggiamo libri, ascoltiamo canzoni e guardiamo film dove si esprime la sconfitta della paura quasi quotidianamente. Ma siamo indifesi quando questa si presenta vivida nelle nostre menti e nella nostra quotidianità. Io credo, invece, e lo devo credere con tutta la mia forza, che come è possibile imparare la paura è anche possibile imparare a gestirla e, come ha detto Falcone, convivere con essa senza farci sopraffare. La paura c’è e non dobbiamo ignorarla, ma neppure farci masticare.

1.Torna sul piano della realtà

Spesso, molto spesso, mi è capitato di allarmarmi per qualcosa di impensabile. Ve lo dico, ma non ridete: la scorsa estate ho sterilizzato la mia gattina e per una settimana, giorno e notte, la vegliavo controllando la cicatrice sulla pancia e di notte sognavo di ritrovarla “aprta” come nei peggiori film splatter. Mia madre mi ripeteva di “tornare sul piano della realtà” e “planare” e accompagnava le parole da un gesto delle mani dall’alto verso il basso. Così facendo, il panico ingiustificato era più gestibile, anche se, non facciamoci illusioni, non può scomparire del tutto.

Quando ci sentiamo presi da un panico ingiustificato, “planiamo” sulla realtà e tentiamo di ragionare in maniera lucida.

2. Non tenere tutto per noi

Un po’ come “non tenerti tutto dentro!”. Ed è vero, non fa bene. Se hai paura: dillo, urlalo se necessario, e condividi questa paura con le persone che ti circondano, con chi sai che ti ama. Sii sincero, parlane anche per ore.

Questo ho dovuto impararlo, essendo molto riservata e timida e temendo di risultare debole, ma è servito, eccome. Quindi, adesso, se ho paura lo dico, e la spiego, la paura, e la analizzo insieme a chi mi ama. Ed è liberatorio, ed è bello, bello sentirsi ascoltati.

3. Staccati dalle notizie o scegli quelle migliori

Non dovrei dirlo, proponendo io molti contenuti sul web, ma il modo migliore per non farsi condizionare è staccarsi dai social, dai telegiornali mille volte a dì, e anche dalle persone negative. In questo caso, ad esempio, vi consiglio la newsletter de Il post (QUI) che vi terrà aggiornati sulla situazione in Italia. Solo quella e altre pochissime fonti, le più ufficiali.

4. Gloria, tieni le mani occupate!

Così diceva mia nonna quando attendevo qualcosa di importante. E funziona, funziona davvero. Fate qualcosa che amate, possibilmente qualcosa che vi tenga davvero le “mani occupate”. Io mi limito a lavoretti all’art attack. Nulla di eccezionale, ma aiuta.


Per concludere, tanto coraggio. E se avete voglia di condividere qualcosa sarò felice di ascoltarvi, mettiamo in pratica il punto due.

Un forte abbraccio,

Gloria

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