Badolato amore amaro: una storia lunga 25 anni – Andrea Fiorenza

Editor Gloria Macaluso

Preferisco pensare alla scrittura come a una testimonianza delicata, un gesto di affetto nei riguardi di una memoria che se ne va e muore anzitempo. Una esperienza che ti fa cambiare l’angolo dello sguardo, un arricchimento di prospettiva. Accompagnata forse da un infantile desiderio di seduzione.

Dacia Maraini

Cari lettori, dopo la recensione di Badolato amore amaro che trovate QUI, lautore Andrea Fiorenza ci concede uno squarcio sulla sua vita e su quella del suo romanzo, una storia damore e di lotte che abbraccia tre generazioni in contrasto e, a volte, in armonia.

Andrea Fiorenza racconta Badolato amore amaro, le sue origini e il lungo percorso che lo hanno portato a diventare parole su carta, durato venticinque anni. Con le chicche sul romanzo, lautore rivela con onestà e ironia il segreto di una vita da scrittore… forse unamara ma confortante testimonianza estrapolata da tanta esperienza e passione.

Editor Gloria Macaluso
“Badolato amore amaro” – Andrea Fiorenza

Buongiorno, Andrea. Innanzitutto, ci parli di lei. Ci racconti cosa fa nella vita, quali sono i suoi interessi, oltre la passione per la scrittura?

Ho una laurea in psicologia e una grande passione, al limite dell’ossessione, per i libri: li leggo, li scrivo e considerato che dirigo una collana per Giorgio Pozzi, un editore di Ravenna, li scelgo per pubblicarli. Passo la maggior parte del mio tempo professionale, dunque, tra i libri: il rimanente lo spreco per lavorare.

Adesso, Badolato amore amaro, solo il nome richiama qualcosa di lontano. Quanto della sua infanzia o adolescenza c’è nella storia di Mate? Quali ideali porta avanti? E, in un simile contesto, come sono fortemente convinta, come crede che Badolato amore amaro possa far ricordare al lettore un passato non poi così lontano?

Mio nonno Andrea, nelle calde serate estive, raccoglieva intorno a sé vicini di casa che amavano ascoltare le sue storie. C’ero anch’io tra il suo pubblico. Con il passare del tempo ho sentito l’esigenza di cominciare a scrivere, forse per dare voce a quanto si era depositato dentro di me. Mate, don Rafè e tutti gli altri protagonisti di Badolato amore amaro sono nati molto tempo fa, dunque, durante la mia infanzia e adolescenza, quando le ore, i giorni e le settimane trascorrevano lente e i lunghi bagni nel mare cristallino della Calabria erano il presente perfetto. Ricordo che in quelle calde serate d’estate gruppi di giovani transitavano davanti la nostra casa in direzione della Fontanella, parlavano di politica e di sport, del futuro e dei parenti lontani, e io curioso ascoltavo. Ero un ragazzino che fantasticava, ingenuamente, di poter congelare quel tempo. È evidente che abbia cercato di farlo con la narrazione. Con Badolato amore amaro ho voluto ricreare una certa atmosfera di quegli anni. Quel clima di possibilità che sentivamo di avere tutti, quando ogni cosa sembrava a portata di mano.

Mate è un personaggio che incuriosisce. C’è qualcosa di non svelato in lei. Insomma, una giovane donna che si costruisce attorno un muro per non far trapelare le sue emozioni, ma poi si batte con ferocia per ideali comuni, ancora acerbi, forse, ma coraggiosi. Ci parli di lei, si è ispirato a una persona reale o a un suo reale desiderio?

Mate è un puzzle, una sorta di quadro composito che raccoglie parti e caratteristiche un po’ di tutte le figure femminili della mia infanzia. Parlo delle donne della mia grande famiglia. Le mie nonne, le zie e tutte le cugine. Mia madre. Donne battagliere che non hanno mai ceduto il passo. Quando mi guardo indietro vedo uomini forti, certo, che hanno saputo portare sempre il pane in tavola, ma che alla fine in qualche modo hanno ceduto, molti rifugiandosi nel paradiso illusorio dell’alcol. E di fianco a loro vedo donne che hanno tenuto botta fino alla fine, vestendosi a lutto e andando avanti con le spalle curve come sotto una tormenta, ma andando avanti.

Mate è la protagonista del suo romanzo, ma in Badolato amore amaro c’è di più. Una famiglia che rappresenta un intero paese, forse un intero flusso di pensieri, un’epoca. L’atmosfera del borgo, dalle sue parole, traspare nitida, incantata e spietata allo stesso tempo: quanto di tremendo e di bello può convivere in uno spazio così ristretto?

Nelle piccole comunità si trova sempre il meglio e il peggio. Il prezzo che si paga dal contatto continuo è alto. Ma dal mio punto di vista mai alto quanto quello che ogni giorno paghiamo nelle metropoli con il soldo della solitudine. Nell’atmosfera del borgo di un tempo, se si riferisce agli aculei presenti nei suoi abitanti, c’era molto di più di quanto io non sia riuscito a riportare nel romanzo, sicuramente una certa tensione dovuta al grave dissanguamento a opera dell’emigrazione. Le donne erano esasperate, lontane dai loro mariti per mesi e mesi, e i figli, senza padri, aggressivi tra loro, al limite della violenza cieca. Il bullismo di oggi paragonato alla furia adolescenziale di quel tempo non è che un passatempo tra novizi che si scambiano buffetti scherzosi. Senza nulla togliere al serio problema del bullismo di oggi, quanto accadeva nelle piccole comunità abbandonate e deprivate di un tempo non è lontanamente paragonabile. Le privazioni, l’abbandono e le fatiche rendevano tutti un po’ più reattivi e non si andava tanto per il sottile. A tutti i livelli.

Lei è nato a Badolato. Cosa le manca di più di quel cantuccio di mondo? Insomma, Bologna è una città magnifica, ma qualcosa ci lega sempre alla nostra terra d’origine, non è vero?

Sì, sono nato a Badolato, ma sono andato via troppo presto, quando avevo soltanto quattro anni. Mio padre, dopo un brutto incidente in Germania dove lavorava, era caduto da un ponteggio restando in coma per oltre sei mesi, si era recato a Taranto per cercare lavoro e dopo qualche mese ci aveva richiamati tutti con lui. In seguito, a diciotto anni, sono arrivato a Bologna per studiare e da qui non sono più andato via. A chi mi chiede, però, dove vivo rispondo che vivo a Bologna pur non essendo mai andato via da Badolato. Quindi, di Badolato non mi manca niente, visto che non sono mai andato via.

Allontaniamoci un attimo da Badolato. Lei è uno scrittore, ha pubblicato manuali e romanzi, esiste un segreto? Insomma, tutti i lettori desiderano, forse e un giorno, scrivere qualcosa, come si inizia? Quali sono le cose che più la ispirano e l’hanno ispirata? E come descriverebbe una giornata dedicata solo alla scrittura?

Credo che non si possa cominciare a scrivere senza prima combattere, e vincere, contro i nostri demoni, quella parte di noi che ci dice di lasciar perdere, che non saremo mai in grado di poterlo fare decentemente, che il mondo è pieno di scrittori e che noi non saremo mai all’altezza. Il passo successivo è quello di sedersi e prendere una penna in mano. E magari rimanere lì, con la penna tra le mani e il foglio bianco, impietoso davanti a noi. Ho scoperto, con il passare del tempo, che prima o poi l’ispirazione arriva. Non si deve andare a cercare niente, abbiamo vissuto molta vita e da quel grande accumulo di cose sedimentate qualcosa si affaccerà. Prima o poi qualcosa si affaccia sempre. Come metterle giù è un altro paio di maniche.

La mia giornata ideale di scrittura è semplice: mi sveglio e, quando posso, scrivo, fino a quando riesco, fino a quando le mani non mi fanno male sulla tastiera, fino a quando non posso più rimandare gli altri impegni.

Ha presente l’immagine dei poeti maledetti? Be’, molte volte gli scrittori agli esordi vorrebbero immedesimarsi in questa figura. Io credo che l’ispirazione sia una componente essenziale, certo, come il talento, ma senza la tecnica, lo studio e la perseveranza non si può andare avanti. È d’accordo? E se no, come crede si possa emergere in questo affollato mondo di parole?

Non posso che essere d’accordo sulla necessità di tecnica, studio e perseveranza. Prima di cominciare a scrivere ho letto i libri degli altri, per cercare di capire come riuscivano a dire quello che scrivevano, ho letto libri sulla scrittura, mettendo in pratica i consigli e le tecniche, ma soprattutto ho scritto e fatto leggere quanto scrivevo a persone che ritenevo competenti, senza mai difendere quanto avevo scritto ma cercando un confronto spietato. Desideravo che m’indicassero quanto e dove sbagliavo. E se qualcuno elogiava i miei lavori iniziali, senza la benché minima critica, evitavo successivamente di consultarlo. Il talento di chi scrive con facilità non ha mai bussato alla mia porta, e come molti sono costretto al lavoro duro dei manovali.

Parliamo d’altro, siamo curiosi. Ha un regista o un film preferito? Che musica ascolta? Crede che le arti possano influenzare la scrittura? E con lei lo hanno fatto?

Amo il cinema italiano. E tra i registi contemporanei mi appassionano i film di Nanni Moretti. Li trovo psicanalitici, nonostante si siano imposti principalmente per quel certo taglio politico e sociale. Rispetto alla musica, ho trascorsi giovanili da Dj e mi piace il soul, il funky. Non disdegno la World music. Per rispondere alla sua domanda se le arti possano influenzare la scrittura, la risposta è sì. Tutto può influenzare la scrittura, a patto che si sia disponibili a lasciarsi influenzare. Anche un panino con la mortadella può riuscirci. Con me ci riesce. Se poi lo mangio insieme ai miei più cari amici, seduti nella terrazza del bar di piazza Castello di Badolato con in mano una birra fresca, la influenza enormemente.

Torniamo invece alla sezione letteratura. Ha degli autori o dei libri preferiti? Qual è il libro che crede abbia lasciato una maggiore impronta nei suoi pensieri, e nella sua scrittura?

I miei autori preferiti sono: Raymond Carver, Philip Roth, Albert Camus, John Williams. L’ordine è casuale. Ce ne sarebbero tanti altri che evito di elencare. Per la quartina citata ho una vera e propria ossessione. Li leggo, li rileggo, e li continuerò a rileggere. Lo straniero di Camus credo di poterlo riscrivere senza averlo davanti.

Senza anticipare troppo, so che Badolato è una storia di odio e d’amore, come detto prima. Un passo particolare prende in considerazione la depressione, la definisce “il sole nero”. In questi anni se ne è discusso molto, ai notiziari e sui giornali non vediamo altro. Povertà e miseria spesso portano agli stati mentali più disastrosi e così capita anche in Badolato amore amaro. Adesso, nel 2019, quali pensa possano essere i rimedi per una vita più felice? Dobbiamo distaccarci dalle cose materiali? E se sì, a cosa dobbiamo avvicinarci?

No, non credo ci si debba staccare dalle cose materiali. Non sarebbe mai possibile. Inoltre, non credo in una vita ascetica, chi ci ha provato si è perso. La mente ha bisogno di continui stimoli e le cose materiali, con i significati che si portano dietro, fungono da stimolazione costante.

Il tema della felicità, poi, è un tema che non mi appassiona, non mi sembra mai finito. E delle cose di cui non si può parlare, come scriveva Wittgenstein, si deve tacere. Personalmente mi sembra di provare quello che chiamiamo felicità in quei rari momenti in cui riesco a dimenticare le piccole e grandi frustrazioni, le sofferenze e i ricordi dolorosi, i sensi di colpa. Forse è proprio riuscire a dimenticare la giusta via per stare meglio. Se questo si possa chiamare felicità non lo so.

Badolato amore amaro non è solo un insieme di eventi, ci sono tante riflessioni sulla cultura patriarcale che al giorno d’oggi è ancora molto radicata, più vicina di quanto ingenuamente crediamo. Il femminismo richiama la parità dei sessi, non la superiorità della donna, ma questo è difficile da comprendere e spesso spaventa i più radicali. Quali, secondo lei, le soluzioni per l’abbattimento di una cultura che vede la donna come oggetto del diletto maschile? In Badolato amore amaro, ad esempio, donna Filomena si trova in balia di don Rafè. È purtroppo, ancora, una situazione comune.

Le cose cambiano, si trasformano, e i rapporti tra l’uomo e la donna sono il risultato di fattori sociali e culturali molto complessi. Una certa educazione nelle famiglie e nelle scuole dovrebbe fare ciò che non sta facendo in merito alla crescita delle persone, la televisione, inoltre, farebbe bene a riflettere su se stessa, e chiedersi cosa debba essere, se uno strumento commerciale o qualcos’altro. Penso che la questione tra i sessi, e in generale tra le persone, debba smettere di essere trattata in modo manicheo: bianco o nero, uomo o donna, vittima o carnefice ecc., ma prevedere il tertium non datur. Spesso, però, le società rimangono ingabbiate in categorie di analisi rigide e tutto si risolve in una sorta di arena dove ci si schiera o da una parte o dall’altra. Bisogna imparare dai bambini che sono aperti e tolleranti, privi di pregiudizi e stereotipi.

Ci racconti un po’ l’origine del suo romanzo. Da quanto tempo ci lavora? Anni, non è vero? E qual è stata la sua evoluzione? Mi raccomando, niente spoiler!

Ho cominciato a scrivere Badolato amore amaro nel 1995, avevo trentacinque anni, e l’ho terminato a quasi sessant’anni. Ero appena uscito da una lunga storia d’amore, una convivenza durata 14 anni. Era difficile andare a dormire in un letto matrimoniale vuoto e così ho deciso di cominciare a scrivere, per scherzo, come appunto ho detto sopra, e per superare l’angoscia. Nella prima versione c’era una Mate depressa e remissiva, un po’ come mi sentivo in quel periodo. Poi le cose sono cambiate, e sulla mia strada è comparsa un’altra donna, colei che avrei sposato e dalla quale avrei avuto mio figlio.

In quelle versioni successive Mate era una pazzoide euforica senza limiti, come forse lo ero io in quel periodo. E quando è arrivato il divorzio dalla mia prima moglie, le cose sono ulteriormente cambiate. Non potevo più essere lo scanzonato giovanotto perché un figlio piccolo da crescere non è una passeggiata. Così, Mate è diventata una ragazza forte e responsabile, assennata seppur con qualche problema legato alle emozioni e all’affettività. La separazione mi aveva indurito, è evidente, e la corazza emotiva si è trasferita in qualche modo nella scrittura. Con il mio secondo matrimonio, e l’arrivo di una relazione sentimentale più matura ed emotivamente più intensa, Mate è maturata, diventando equilibrata ed emotivamente adeguata. Dietro a questi tanti cambiamenti nella mia vita, e di riflesso nella mia scrittura, ci sono quasi venticinque anni, e una dozzina di versioni di Mate.

Adesso, dia un consiglio ai giovani autori, a coloro che vorrebbero fare della scrittura la propria vita o, perlomeno, una parte di essa.

L’ultima volta che ho dato un consiglio mi sono sentito rispondere che dovevo farmi i fatti miei e che dovevo smetterla di dire cosa si doveva fare o non si doveva fare. Era mia madre e avevo semplicemente consigliato di prendere del Polase. Quindi, da allora, me ne guardo bene dal dare consigli. Posso soltanto dire che non c’è nulla che valga veramente la pena fare se non si è convinti fino in fondo. La domanda che ci si deve porre è: “Lo voglio fare, lo voglio veramente fare?”  E se la risposta è sì, bene, allora, si deve fare. Con forza, coraggio e dedizione.

Un augurio a lei!

Anche a lei.


Ecco dove potete scoprire il volume Badolato amore amaro, leggete un estratto!

Per conoscere meglio l’autore e i suoi altri volumi: www.andreafiorenza.it

Progetto grafico di Guido Giglio – illustrazioni di Roberto Giglio (ecco QUI le sue opere)

E, per i più curiosi, qualche chicca sul borgo di Badolato: QUI

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A presto,

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