Poesia#1 – Poeti futuri di Walt Whitman

Editor Gloria Macaluso

Fin dalle scuole, ho vissuto la poesia come qualcosa di estremamente intimo. Sì, certo, ascoltavo e studiavo le interpretazioni che mi venivano insegnate e a volte, ahimè, propinate, e sono anche quelle che più mi ricordo, ma una volta tornata a casa, con i libri che ancora odoravano di plastica e carta riciclata, rileggevo i versi, le strofe e percepivo che qualcosa era sfuggito a tutti, che un’intenzione o una parola non erano stati interpretati, ma rimanevano lì, nel vuoto e vago infinito di sensazioni.

Certamente con questo non voglio arrogarmi il diritto di poter “spiegare” – se questo è il giusto termine – alcunché sulla poesia, ma posso certamente dare un’opinione, la mia, e tentare di far conoscere autori e componimenti che si sono persi nella grande produzione poetica e che, in maggior misura, non vengono approfonditi sui banchi di scuola.

Foglie d’erba, raccolta di poesia scritta tra il 1855 e il 1892 da Walt Whitman (1819-1892). Scrive Whitman nella prefazione alla prima edizione del 1855: “L’universo conosciuto ha un completo amante, e quello è il più grande poeta”.


Poeti futuri! oratori, cantori, musicisti a venire!

L’oggi non può giustificarmi e chiarire che cosa sono,

ma voi, una nuova nidiata, nativa, atletica, continentale,

più grande di quelle conosciute prima,

sorgete! poiché voi dovete giustificarmi.

Per me io non scrivo che una o due parole indicative

per il futuro,

non faccio che avanzare un momento soltanto per girarmi

e affrettarmi nell’oscurità.

Sono un uomo che vagabonda senza mai davvero

fermarsi, getta uno sguardo casuale su di voi e poi

distoglie il suo volto,

lasciando a voi di provarlo, di definirlo,

attendendosi le cose più importanti da voi.

Walt Whitman

Di questa raccolta, della quale possiedo l’edizione Mondadori del 2016 con traduzione di Giuseppe Conte, la poesia che vi ho citato è tra le mie preferite, “Poeti futuri”. L’intera raccolta, comunque, esprime il senso di un respiro vitale, quasi sempre improntato sul futuro speranzoso e allegro. Si tratta di un’esaltazione umana, del singolo e della massa al contempo. Nella quarta troviamo lo strillo con una citazione di Ezra Pound “Lui è il poeta dell’America. Lui è l’America“. E nella sua poetica Whitman si esprime come tale, il portatore del “sogno americano”.

Ho scoperto questo autore (forse unico caso simile) attraverso un film, “Le pagine della nostra vita” e ne ho voluto sapere di più. Ma un altro esempio celebre è “O, Capitano! mio Capitano!“… vi ricorda qualche altra pellicola cinematografica? Un poeta in cui sono papabile le influenze di autori come Defoe e Shakespeare, una democrazia poetica, carnalità, sesso ed esistenza selvatica.

In “Poeti futuri”, Whitman si rivolge alla “nuova nidiata” di scrittori, di artisti. Siamo noi. Ci parla chiedendoci di giustificarlo, cioè di dare valore al suo lavoro, alla sua stessa esistenza attraverso nuove forme di arte. Allo stesso modo, quindi, gli autori che verranno dopo di noi dovranno giustificare i nostri sentimenti, esprimere l’innovazione e l’evoluzione della società nella singola voce, nell’unicità dell’opera artistica, del prodotto di un genio in un singolo gusto… è complicato. Esprimere una moltitudine con la singolarità.

In lingua, terza strofa e primo verso libero: “I am a man who, sauntering along without fully stopping, turns a casual look upon you and than averts his face“. La traduzione che trovo più corretta: “Io sono un uomo che, vagabondando senza mai davvero fermarsi, getta uno sguardo casuale su di voi e poi distoglie il suo volto“. Un inciso può cambiare il senso. “Mentre” vagabondo, vi guardo. E quindi, mentre vago con la mente, mi capita di incappare in voi, ma distolgo subito lo sguardo e non per disgusto, ma perché nulla posso dare in più a voi che dovrete di me discorrere.

Cosa ne pensiamo, dunque, noi che siamo il futuro del futuro di Whitman? Il nostro compito è quindi quello di giustificare la sua esistenza, ma come? Facendoci ispirare da lui, ad esempio, oppure distaccandoci completamente dalla sua poesia. Il punto non è confermare o negare, ma dare senso a ciò che è passato. Non lo facciamo, forse, ogni volta che scriviamo? Personalmente, credo che tutti, inconsciamente o meno, siano influenzati dal passato, e non parlo solo di arti. La poesia di Whitman sembra dunque una rielaborazione della famosa “… ai posteri l’ardua sentenza”.

E voi, cosa ne pensate?

Qui potete acquistare la raccolta: Foglie d’erba, Ed. Integrale


Per questa nuova sezione, chiedo il vostro contributo! Scrivete nei commenti gli autori che vorreste approfondire!

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A presto,

5 risposte a “Poesia#1 – Poeti futuri di Walt Whitman”

  1. Difficile dire quale sia la poesia più dirompente nella raccolta “Foglie d’erba” di Walt Whitman. Forse lo si studia poco perché l’autore era omosessuale? Voglio sperare non sia così.
    Inutile fare riferimento a “O capitano, mio capitano” perché troppo abusata anche da chi non ha inteso il destinatario e il significato, idem per “O me! O life”, dove “gli infiniti cortei di infedeli” risultano essere una folla ancora molto attuale. Personalmente ho amato “Canto di me stesso” che una volta citai in un esame di letteratura umanistica, che tanto mi ricorda San Francesco in alcuni passaggi, ma più di tutte quella che recita: “Dall’ondeggiante oceano, la folla, venne teneramente a me una goccia sussurrando: Io ti amo, tra non molto morirò” […]
    Grazie per aver saputo far riemergere ricordi lieti, Gloria. Ti abbraccio.

    GERICO

    Piace a 1 persona

    • Grazie, Gerico!
      Una risposta utilissima per i lettori e per chi, magari, vuole avvicinarsi a questo autore. Come avrai capito il mio intento è proprio esplorare quel ramo della poesia poco approfondito e poco citato, spero di riuscirci! Hai autori che vorresti “diffondere”?
      Grazie ancora!

      "Mi piace"

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