Non è necessario soffrire per essere un poeta, l’adolescenza è una sofferenza bastante per chiunque.
John Ciardi
Dacia Maraini mi ha sempre affascinata. Un’infanzia a dir poco spettacolare, visti i tempi, e un’adolescenza piena di opportunità, ma anche di timore. Il lignaggio (figlia di uno scrittore, di una principessa e pittrice e nipote di una cantante lirica) convince che il mondo che ci circonda influisce in maniera incalcolabile sulle nostre predisposizioni, ma, certo, non crea il talento. Per conoscere di più sulla sua vita cliccate QUI.
Il talento è qualcosa di indefinibile, qualcosa che, sì, si può e si deve coltivare, ma che spazza vi ogni concetto sulla tabula rasa: il talento è innato e qui la grande ingiustizia di Madre Natura, c’è chi ce l’ha e chi no.
In questo secondo articolo sulla poesia, come è mia intenzione, non starò troppo a tergiversare sulla struttura delle poesie, né a proporre un’analisi arrogante sulle parole. Vi basterà leggere.
Io sono due
è chiaro ora
sono due più uno
meno uno e fanno due
che due volte sono
nata e due volte morta
due volte mi sono persa
forse una volta di più
perché due e una sono tre
le volte che ho sbattuto
e una volta ho anche vomitato
ma erano forse due
dato che sono in quattro
a tirarmi per i piedi
mentre dormo con voce di drago
e una volta sola ho amato
ma saranno duecento le volte
che ho toccato l’allegria
però non duecento volte sono nata
perché al centonovantanove
mi sono stufata ed ecco
al due mi sono scordata
non fosse due sarebbe zero
sono io e l’altra due
prendimi come sono
di una due e di due una.
Le sensazioni che mi provocano questi versi sono contrastanti (e come non potrebbero?). Un po’ d’amore, un po’ di follia, una goccia di paura e un’altra di rassegnazione. Tanto coraggio e orgoglio: “prendimi come sono” e la consapevolezza di essere vasto: “di una due e di due una“.
C’è una frase di Walt Whitman (di cui ho parlato nel precedente articolo: Foglie d’erba) che recita: “Mi contraddico? Ebbene sì, mi contraddico. Sono spazioso, contengo moltitudini“. La trovo eccezionale e il senso mi ricorda le parole della Maraini: “Io sono due / è chiaro ora“.
Forse queste comunioni di pensiero possono ricondursi alle memorie ancestrali: tutti, prima o poi, ci confrontiamo con quello che siamo, che siamo stati o che saremo. Chi di noi si è sempre sentito “unico”? Inteso come “singolo”? Incorruttibile? Penso nessuno. Personalmente, io sono tante cose. Sono amorevole e rancorosa, sono timida ed estroversa, dolce e scorbutica. Sono nata e morta più volte, e poi rinata e morta ancora. Le nostre esperienze forgiano ciò che siamo e tutte si accumulano e ci creano molteplici, appunto.
Quando mi comporto così, mia madre è solita dirmi: “Ecco, Gloria e le sue sorelle!” a fare il verso alla serie televisiva Caterina e le sue sorelle. Cambio idea e umore in maniera repentina, mi muovo e poi sto ferma, rido e piango e lei mi ripete: “Allora, avete deciso, voi cinque?” riferendosi alle cinque sorelle che stanno in me. Sì, è un po’ strano, ma il bello è questo: c’è qualcosa che accomuna tutti (o perlomeno dovrebbe), ed è la mutevolezza dell’anima. Che mondo sarebbe senza?
Per questa serie di articoli ho bisogno del vostro aiuto! Scrivete nei commenti gli autori o le poesie che vorreste leggere e argomentare!
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A presto,
Gloria

2 risposte a “Poesia #2 – Dacia Maraini (e le sue sorelle)”
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