
Scrivere i personaggi significa mostrare le loro azioni, i pensieri e i sentimenti attraverso ciò che accade sulla pagina. Ma… non tutte le emozioni sono catalogabili in compartimenti definiti (al contrario: quasi nessuna); per questo descrivere alcuni sentimenti attraverso le parole non è semplice.
E se potessimo sfruttare i 7 peccati capitali come una sorta di ruota delle emozioni e dei sentimenti, così da riuscire a creare la profondità dei personaggi?
Ecco come utilizzarli al meglio.
Ira
Descrivere la rabbia cieca e accecante significa far ribollire un vulcano. Inizia lentamente, si percepiscono i primi borbottii; alla fine: esplode. All’interno di un romanzo e della scrittura in generale la rabbia è uno di quei sentimenti che può manifestarsi in due forme opposte:
- la rabbia del momento, dovuta all’impulso o all’istinto
- la rabbia accumulata, dovuta a pregressi e antefatti
Entrambe, comunque, come tutte le emozioni, devono essere giustificate. A livello pratico l’uso trito e ritrito di rabbia=violenza è ormai insopportabile: tavoli e sedie che volano e piatti rotti non sono più credibili. L’ira si può manifestare, infatti, anche in maniera sottile, un po’ subdola e in ogni caso deve avere un riscontro visivo e mostrato sulla pagina, non per forza violento, ma sempre prorompente.
Avarizia
Togliamoci per un attimo dalla testa il nostro Paperone e pensiamo a quante altre declinazioni può avere l’avarizia. Prendiamo quell’idea di possesso estremo e applichiamola a mille altre emozioni: avarizia di sentimenti, dapprima (quindi paura di dare il nostro amore/supporto ecc.), ma anche avarizia intellettuale (dunque, paura di contribuire alla crescita dell’altro) o avarizia sensoriale (non toccare, non farsi toccare ecc.).
Quindi, è possibile che l’avarizia si declini in gelosia, possesso.
A livello di scrittura e a livello di espressione questo sentimento è utilissimo quando vogliamo incoraggiare il lettore a vedere le debolezze die nostri personaggi, a vederli a nudo, umani e vicini ai sentimenti che proviamo tutti. L’avarizia può togliere dal volto dei personaggi la maschera opaca che non ne svela, fino in fondo, la natura. E qui vi dovrete chiedere, innanzitutto: qual è la natura del mio personaggio?
Invidia
Come per l’avarizia, ma in maniera più sottile, l’invidia può svelare le motivazioni dei nostri protagonisti. Non a caso, infatti, l’invidia è uno di quei sentimenti cardine dal quale spesso scaturisce la rabbia (dunque l’ira) e che può motivare azioni atroci o vigliacche.
Un personaggio invidioso si comporterà da tale non in maniera “palese” (dunque, non diventando letteralmente verde d’invidia), ma attraverso uno svelamento graduale di piccoli gesti (come mandare all’aria il progetto dell’avversario, consigliare un brutto vestito a un’amica ecc.).
Il mostro dell’invidia, inoltre, motiva tanti “cattivi classici” e può aiutarvi a strutturare personalità complesse che mettono in gioco sia sentimenti benevoli sia emozioni come questa, creando profondità caratteriale e caratteristica in linea con la vostra trama.
Superbia
Qui incappiamo nella struttura dell’eroe classico che inizia il suo viaggio gonfiato di superbia e lo conclude solo dopo aver compreso e apprezzato la propria natura di essere finito.
La superbia, inoltre, può motivare molte azioni facendo caracollare i personaggi in conflitti sempre più complessi nei quali dovranno tenere il gioco dell’impostore e, a un certo punto, ammettere le proprie debolezze.
Fra tutti i peccati, questo è il mio preferito quando si parla di narrativa poiché distrugge lo stantio duo bello-bravo che è ormai lontano dalla nostra società.
Non solo: la superbia può aiutare i nostri personaggi nel momento di intraprendere la strada verso il conflitto: distrugge la barriera del mondo ordinario verso quello straordinario e li fa imbarcare nell’intreccio della trama portandoli a scoprire il vero sé.
Gola
Oltre alla rappresentazione classica sul cibo, la gola come peccato può essere assimilato all’ingordigia di cose: sensazioni, momenti, oggetti. Può capitare che il nostro personaggio sia “ingordo di…” (parole, spiegazioni, drammi ecc.). Anche a livello di dipendenze (affettiva, da sostanze ecc.) l’utilizzo del peccato è per me imprescindibile: mostrare come il personaggio ne voglia sempre di più e non ne possa fare a meno. Dunque, mostrare la relazione tossica che vive con la propria dipendenza o interdipendenza.
Può essere una dipendenza da sostanze, da persona, ma anche da momenti – adrenalina, ad esempio – oppure una cosa all’apparenza innocua (dipendenza da film tristi) che nasconde un bisogno più profondo.
Accidia
Fra tutti, il peccato dell’accidia è a mio parere il più complesso da rappresentare, ma anche fra i più utilizzati in campo narrativo per mostrare la rottura del mondo ordinario. Un mondo ordinario è la situazione di partenza della storia, il mondo in cui si trova abitualmente il nostro personaggio. Di solito, l’accidia è quel freno che impedisce al personaggio di entrare nel mondo straordinario (l’avventura, la trama, il fulcro) con la “paura” che accompagna un nuovo viaggio, quel sentimento di tedio e inerzia. Qui, il lettore può ritrovare le basi del conflitto: l’accidia deve essere molto forte, ma il desiderio/bisogno del conflitto ancora di più.
Inoltre, è molto utile quando vogliamo recuperare tempo attraverso, ad esempio, dei sommari e mostrare un declino lento (dovuto a una causa) del secondo atto di una storia, atto che si trova dopo il punto di svolta.
Lussuria
Al di là della concezione cattolica e più conosciuta di incontrollata sensualità, la lussuria anticamente si rivolgeva a qualsiasi eccesso ed estrema ricerca del vizio. Forse è il più articolato dei peccati (perché li contiene un po’ tutti), ed è anche il più malleabile.
La lussuria la rivedremo nel nostro personaggio nel momento in cui di troverà calamitato del vortice della narrazione: c’è un momento preciso in cui il vizio diventerà ricerca costante e incontrollata, una smania di fare/ottenere qualcosa. Possiamo creare stupendi parallelismi tra la gola (con accezione più da dipendenza) e la lussuria (più da ricerca oltre il bisogno) e dare forma a un vortice di sensazioni dalle quali il protagonista non saprà uscire se non, ovviamente, guidato dal conflitto.
Ecco qui, questi sono gli usi che ritengo più interessanti per la scrittura attraverso i peccati capitali.
Cosa ne pensate?
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3 risposte a “I 7 peccati capitali per scrivere i personaggi”
Molto interessante!
Grazie
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Bel post!
Questi 7 vizi capitali sono una fonte infinita per i personaggi e le storie in generale. Lo sai, ho letto qualche anno fa una rivista che faceva la classifica dei cattivi di anime e manga basandosi sui 7 vizi capitali, era molto interessante.
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[…] che una storia non si può definire tale senza un conflitto (oh, ne ho parlato moltissimo QUI, QUI & QUI). Il conflitto è l’obiettivo, il desiderio o l’ostacolo che la/il protagonista deve […]
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