«È un mestiere, oggi, essere esploratori: mestiere che non consiste, come si potrebbe credere, nello scoprire, dopo uno studio prolungato, fatti rimasti ignoti, ma nel percorrere un numero considerevole di chilometri raccogliendo immagini fisse o animate, preferibilmente a colori, grazie alle quali si possa per parecchi giorni di seguito affollare una sala di ascoltatori, a cui le cose più ovvie e banali sembreranno tramutarsi miracolosamente in rivelazioni per il solo motivo che l’autore, invece di compilarle senza muoversi, le avrà santificate con un percorso di ventimila chilometri».
Da Tristi Tropici, 1955, Claude Lévi–Strauss
In questo articolo, come avete intuito dall’estratto, analizzeremo la branca dell’Antropologia, ovvero la scienza che si occupa del confronto e delle studio delle diverse culture e popolazioni del mondo. Il tema del viaggio ha assunto forme e significati differenti nel corso della ricerca antropologica: dal viaggio “poetico” come lo definiva Michel Leiris al viaggio come percorso di scoperta di Lévi–Strauss. Ed è proprio questa seconda interpretazione che argomenterò nell’articolo di oggi per spiegare come far compiere un viaggio – reale o personale – ai vostri personaggi, con particolare attenzione al protagonista del romanzo.
Secondo Lévi–Strauss l’aspetto per nulla superficiale dell’incontrare terre lontane è la consapevolezza del viaggiatore di dover attraversare le tappe di una sorta di “svezzamento”: i colori sono nuovi, così come gli odori e le forme; al pari di un bambino deve costruirsi una mappa interiore che gli consenta di riconoscere le tracce di una realtà cangiante priva di memorie passate.
Ecco, questa è la sensazione che dovremmo far provare a coloro che leggono le avventure dei nostri personaggi: un mondo nuovo, in cui i sapori, le forme, ogni cosa vive attraverso gli occhi di coloro che la vedono per la prima volta.
Ovviamente, questa definizione si adatta perfettamente alla narrativa da viaggio, ma non è il solo modo di “piegare” le teorie di Lévi–Strauss per il nostro obbiettivo. Quando un personaggio affronta un cambiamento, un ostacolo, un nuovo incontro si crea dentro di lui una trasformazione: il conflitto genera una risposta, ma quest’ultima deve avvenire e palesarsi attraverso un viaggio – interiore o meno.
Se qualcuno di voi ha avuto il piacere di leggere L’Eroe dai Mille Volti di Campbell saprà cosa intendo quando parlo di “viaggio”. Negli anni ’80, Christopher Vogler rielabora le costruzioni di Campell ne Il viaggio dell’eroe. Eccone un riassunto: l’eroe riceve una chiamata che modifica il suo mondo ordinario, seguito e istruito da un mentore inizia a sconfiggere le sue paure superando una serie di soglie per entrare nel mondo straordinario e accedere a una caverna affrontando la prova centrale per ottenere la meritata ricompensa e fare ritorno a casa con l’elisir.
Ecco, in poche e semplicissime parole, la struttura del viaggio che possiamo applicare a ogni nostro romanzo. In esso, gli studi di Lévi–Strauss trovano forte e concreto riscontro: la chiamata alla scoperta di nuove terre – metaforicamente nuove imprese, conoscenze, avvenimenti, ecc – che trascina l’esploratore in un mondo straordinario attraverso la guida di un mentore – che per Lévi–Strauss può essere rappresentato da un indigeno, mentre per noi prende la figura classica del Virgilio di Dante – e porta il protagonista a superare una serie di soglie, rappresentate dagli ostacoli, fino alla prova centrale – ovvero il superamento del conflitto – che farà ottenere una ricompensa e donerà al protagonista l’elisir, cioè l’insegnamento con la quale potrà fare ritorno a casa.
Per creare il viaggio del vostro protagonista dovete sempre tenere a mento che ogni viaggio che si rispetti deve contenere degli imprevisti, suscitare paura, desiderio di scoperta, di vittoria e di vincita. I personaggi, per essere credibili e reali, hanno bisogno di lottare per qualcosa o per qualcuno ed è questo il tema centrale di un viaggio.
“Il viaggio dell’eroe è fondamentalmente interiore, un viaggio verso profondità in cui oscure resistenze vengono vinte e resuscitano poteri a lungo dimenticati per essere messi a disposizione della trasfigurazione del mondo… il viaggio non ha per scopo la conquista, ma la riconquista, non la scoperta, ma la riscoperta” scrive Campbell ne L’eroe dai mille volti.
Nella trama di un romanzo dobbiamo considerare un aspetto fondamentale: tutto ciò che il personaggio è, o è stato, come tutto ciò che vive o ha vissuto, influisce inevitabilmente sul suo futuro e sul suo carattere. Per questo ogni scoperta è una riscoperta, ogni conquista, una riconquista.
Mettiamo il caso, ad esempio, che la nostra protagonista, una ragazza di sedici anni, si sia appena trasferita da un piccolo paesino a una grande città e che magari covi il desiderio di diventare una cavallerizza esperta. In una grande città, le sue aspettative campagnole possono faticare ad avverarsi ed è qui che inizia il viaggio: nuove avventure che rispecchiano la sua educazione e tradizione si dispiegheranno davanti a lei, portandola a scoprire con occhi nuovi il mondo che la circonda.
Possiamo utilizzare i personaggi secondari per fortificare l’esperienza del viaggio attraverso il loro aiuto. Un ragazzo che è nato e vissuto in città, per esempio, potrebbe aiutare la nostra giovane protagonista a trovare una scuola di equitazione. Questa, però, potrebbe essere troppo costosa per lei ed ecco che si deve trovare il modo per superare la prima soglia. Dopodiché, troviamo la prova centrale: la ragazza, finalmente iscritta alla scuola, si allena per un campionato, magari dopo aver promesso al padre di vincerlo. Il risultato, negativo o positivo che sia, sarà la “ricompensa”. Da quest’ultima, si otterrà l’elisir, ovvero l’insegnamento, che potrà prendere strade differenti.
L’importanza dello strutturare un viaggio nasce dall’esigenza del lettore di vedere il protagonista in situazioni scomode, diverse dall’ordinario e, la maggior parte delle volte, vederlo trionfare su di esse, pur attraversando momenti di sconforto, per far si che tutti, in un modo o nell’altro abbiano imparato una lezione.
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Spero che anche questo articolo vi abbia dato qualcosa sulla quale lavorare. Giovedì 18 ottobre uscirà un articolo correlato in cui analizzerò nei particolari la struttura di Vogler e di Campell, spiegando tappa per tappa il viaggio dell’eroe da un punto di vista narrativo.
Nel frattempo, ecco dove potete trovare i volumi citati:
L’eroe dai mille volti – Campell
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A presto,
Gloria
4 risposte a “Scienze Umane per Scrivere: il viaggio dei personaggi”
[…] Scienze Umane per scrivere: il viaggio dei personaggi […]
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[…] Bene, un personaggio deve avere un obbiettivo sensato, raggiungibile (in modo difficile, certo; con l’aiuto di altri, certo; ma raggiungibile). Ancora, l’obbiettivo deve essere degno, secondo i principi della protagonista, e morale, sempre secondo la sua etica e la sua moralità. Trovare l’obbiettivo significa avere già tra le mani il conflitto (ah, per approfondire, QUI). […]
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[…] in merito al conflitto mi sono espressa in parecchie occasioni (eccone alcune QUI e QUI). In questo esercizio mi concentrerò sul suo sviluppo e sulla sua forma. Il conflitto può […]
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[…] Scienze Umane e Scrittura: il viaggio dell’eroe […]
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