Scrittura Narrativa: scaletta o scrittura “di getto”?

Editor Gloria Macaluso

Scrivere è l’arte forse di cinquanta persone, delle quali trenta non sono normali.

Benn Gottfried

Scrivere un romanzo, l’ho già detto, è sempre un’avventura, a prescindere dal tipo di approccio iniziale che si vuole prendere e dalla strada che si decide di percorrere.

Le due vie principali sono, all’inizio dell’avventura, la scaletta da una parte e la scrittura di getto dall’altra, con un sentiero ibrido di cui parlerò alla fine di questo articolo.

Intanto, come sempre, grazie a chi capita da queste parti per leggermi!

La scaletta

Ovvero la “premeditazione”, chiamiamola così, della storia. Per come la intendo io, la scalettè è una sequenza di scritti che riassume, passo per passo, almeno due livelli di trama, l’uno dentro l’altro.

Il primo livello è il canovaccio. Ovvero un mini riassunto (che non è sinossi) scritto per macro punti, degli eventi salienti della trama in ordine cronologico da una parte (la fabula) e in ordine di avvenimento dall’altra (l’intreccio).

Il secondo livello è rappresentato dalle tappe, ovvero la stesura precisa, capitolo per capitolo, degli eventi dell’intreccio, nel dettaglio; quindi, come questi eventi e scene appaiono al lettore.

Facciamo un esempio.

Prendiamo Le notti di Salem di Stephen King. Il primo livello di canovaccio potrebbe essere:

Fabula: un bambino vive un’esperienza paranormale in una villa abbandonata della sua cittadina, si trasferisce lontano e dopo la morte della moglie torna al paese d’infanzia scoprendo che è popolato da Vampiri.

Intreccio: un romanziere rimasto vedono torna al suo paese natale con l’intento di acquistare una villa nel quale da bambino ha avuto un incontro paranormale. Scoperto che la sua cittadina è infestata da vampiri, insieme all’aiuto di alcuni amici, cercherà di debellare il morbo.

Ecco qui il canovaccio, dunque. Per quanto riguarda le tappe, proviamo con i primi due capitoli:

  1. Il protagonista si ritrova in giro per il sud degli Stati Uniti accompagnato da un bambino e dovunque vada cerca il quotidiano del Maine per avere notizie della sua cittadina (Salem’s Lot). In questo capitolo entrambi conoscono e hanno già vissuto l’esperienza di contatto con i vampiri.
  2. L’inizio della storia vede il protagonista tornare a Salem’s Lot dopo la morte della moglie con l’intento di acquistare Casa Marsten. Conosce la ragazza di cui si innamorerà, e viene a sapere che la casa non è in vendita e che è stata acquistata da due individui misteriosi. Il capitolo mostra l’ambientazione della storia, il Lot e introduce vari personaggi.

E così via, molto più nel dettaglio, di tutti i passaggi interni ai capitoli, a vostro servizio per scriverli.

Ora, prima di storcere il naso per questa “gabbia dorata”, parliamo prima della scrittura di getto.

Scrittura di getto

Più “semplicemente”, la scrittura di getto è una stesura priva di progettazione. La maggior parte delle volte si parte solo da un’idea, o da un’immagine, con un inizio e un finale più o meno chiari.

Di solito, il genere dei romanzi così scritti non è fra quelli che obbligano a una progettazione necessaria – come il fantasy o il romanzo storico – ma generi di flussi di coscienza, narrativa bianca o contemporanei dove la ricerca dietro la storia è minima. Chi scrive, in questo caso, nel corso della stesura abbozza i particolari da tenere a mente (luoghi, tratti fisici, sotto trame ecc.) e nulla di più.

Potrebbe sembrare la via più immediata e meno costretta, ma non è affatto così.

Quale scegliere?

Presupposto fondamentale di ogni cosa è: ognuno è libero di fare come preferisce.

Tuttavia, c’è una cosa che mi preme specificare agli amanti della scrittura di getto: essere privi di progettazione, anche se minima (come i due livelli sopra detti) non vi darà maggiore libertà di scelta; al contrario, vi toglierà agilità durante la stesura. Perché?

Non saprete dove andare a parare.

Scrivere senza avere chiara la storia da raccontare ci obbliga, infatti, a rivedere continuamente le parti contraddittorie, le dimenticanza; a non sapere dove ci stiamo dirigendo o dove stiamo portando i lettori (e questo problema si identifica perfettamente negli incipit totalmente inutili alla trama e nei finali chiusi “a caso”).

Come risolvere, dunque?

L’ibrido

Non possedere una scaletta, a mio parere, toglie la libertà necessaria per potersi muovere agilmente tra le fila del discorso narrativo. Quando abbiamo dei paletti scelti da noi sappiamo fin dove possiamo arrivare e in che modo; in loro assenza, invece, rimaniamo intrappolati in una giungla di possibilità.

Significa che dovrete scrivere legati a regole ferree? Che non potrete modificare nulla? Che dovrete avere una routine di tre ore e trentatré minuti ogni giorno?

Assolutamente no.

Avere una scaletta non significa né dover scrivere con il timer né dover seguire alla lettera tutte le regole che ci imponiamo all’inizio. Anzi, proprio perché abbiamo creato una struttura forte abbiamo anche la possibilità di lavorarla, adattarla alle nostre esigenze e a quelle della storia. Una base solida ci darà la possibilità di modificare l’architettura della trama e dei personaggi con più sicurezza e agilità.

La scaletta ci libera, ma…

anche io sono una fan della scrittura di getto quando questa riguarda non la creazione della storia (quindi tutto il lavoro precedente) ma la stesura vera e propria: le dita sulla tastiera, la penna sulla carta.

Quando la vostra scaletta sarà pronta, allora non ci saranno più scuse: avete poco tempo e dovete scrivere velocemente, il più velocemente possibile. Tic tac: dita sulla tastiera.

Perché?

Perché scrivere (l’atto pratico) trascinando le parole per troppo tempo significa perdere la solidità della trama, della vostra voce e dello stile. Ci sarà tempo, dopo, per modificare tutto ciò che non va.


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A presto,

Gloria

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