Che romanzi ti chiamano? Vivere le librerie.

La libreria ideale è quella dove ogni volta si compra almeno un libro – e molto spesso non quello (o non solo quello) che si intendeva comprare quando si è entrati.

Roberto Calasso

Nella città più vicina a dove abito, Pavia, bazzico principalmente tre librerie. La Feltrinelli (ex Civetta); la libreria Il Delfino (Ubik) e la libreria universitaria San Fermo (ex Clu).

Si tratta di tre micro mondi completamente differenti. E diverso è anche il modo in cui vado alla ricerca dei libri o, meglio, il modo in cui questi libri mi chiamano.

Credo infatti che, a meno che non ci serva qualcosa in particolare, l’ingresso dalle porte di una libreria sia come il richiamo delle sirene: impossibile da ignorare ed estremamente dolce (finché non ti affogano; in questo caso, finché non spendiamo fino all’ultimo centesimo, ecco). E, ne sono convinta, sono i libri che ci chiamano, i libri che ci vengono a cercare. Infatti, nella maggior parte dei casi, i romanzi migliori li ho scovati per caso, senza una meta precisa, senza una direzione o una richiesta. Sono stati frutto di consigli leggeri, di un’occhiata veloce agli scaffali più alti o più bassi, di un aspetta-aspetta, guarda lì!

Ma i micro modi, come ogni mondo, posseggono strutture diverse.

Alla Feltrinelli, seppur a Pavia sia ospitata da un palazzo storico e si possano ancora vedere le volte affrescate, l’atmosfera è decisamente fredda, e ti mette anche un po’ di fretta. I libri sono disposti sui famigerati tavoli (quelli che gli editori pagano, per intenderci) e quindi l’attenzione cade inevitabilmente lì, sui titoli più in vista. Poi, le sezioni sono divise in ordine alfabetico tra narrativa, letteratura e qualche genere (gialli, horror, romance e storici). Al piano rialzato ci sono i saggi e i libri di pregio, una piccola sezione di critica letteraria e una molto grande di letteratura per l’infanzia. È tutto molto diviso, tutto molto lontano: gli spazi sono ampi, ma la gente è sempre davanti allo scaffale che vorresti vedere tu.

I librai e le libraie sono indaffarati, fermi a ticchettare sopra i tasti dei computer (tre in tutta la libreria, su banchetti che appaiono davvero molto scomodi) e se chiedi loro qualcosa ti accompagnano con una certa solerzia che, seppur gentile, si traduce con ti faccio vedere il libro e te la cavi da sola.

Ecco, in questo luogo pop, luminoso e organizzato, ci vado quando ho le idee molto chiare, quando cerco un titolo novità preciso, quando so con una buona percentuale di certezza che ne uscirò con un libro o due, e pensati.

La situazione cambia, però, alla libreria Il Delfino, anch’essa di catena, si intende, ma che ha la squisita concezione di bar-libreria (anche se il bar non è proprio dentro i locali) e che ospita spessissimo varie e interessanti presentazioni. Al Delfino, se la gente è poca, il libraio ti pedina per un po’: cosa cerchi? Questo libro è stupendo, ti consiglio quest’altro, se hai bisogno sono qui, eh. I libri sono divisi in due gruppi, fiction e non, e all’interno di questi gruppi la divisione che va per la maggiore è quella per Casa Editrice (cosa rara da altre parti). Al Delfino trovo esposti ad altezza occhi editori medi che da altre parti non vedo, trovo qualche chicca fuori catalogo nella sezione usato, e c’è uno scaffale basso tutto dedicato alla critica letteraria: i libri messi di costa sono stretti l’uno all’altro e se mi azzardo a sfilarne uno, inevitabilmente non ci starà più, come se i suoi compagni avessero finalmente tirato il fiato e si intestardissero a non lasciare più spazio.

Quando entro lì, di solito lo faccio con in mente un’idea. Un libro sulla scrittura che mi parli anche di piante, oppure un romanzo sulle piante che mi parli anche di una storia d’amore. Un’idea, una suggestione basta. E quando ne esco, spesso mi porto dietro due o tre storie (alcun consigliate dal libraio premuroso). Prima di tornare a casa però, bevo un caffè lì a fianco.

Infine, la libreria universitaria San Fermo. Ecco, per arrivarci devi attraversare tutto il centro e superare l’università, infilarti in una viuzza di scomodissimi sanpietrini ed evitare il venditore ambulante di braccialetti e collanine. Devi superare il profumo delle tigelle e aggirare il bar di universitari disperati, per entrare da una porticina a vetri anticipata da un cartello, come quello delle colazioni “libreria aperta”. Il libraio è un uomo magro. Quando entro solleva il naso dal suo libro solo per rivolgermi un sorriso. Se non chiedo, lui non chiede. E io so dove andare. La libreria è lunga e stretta, a forma di L. Entri e trovi un banco, solo uno, con le novità (quelle più interessanti) e poi puoi camminare per metri fino a un antro, lo chiamo così, senza finestre ma con una porta che dà luce e aria; insomma, arrivi lì e, in quella stanzetta, trovi il ben di Dio. Editori universitari, critica letterario, psicologia, storia, filosofia. Libri fino al soffitto, scaffali infiniti e – incredibile ma vero – scalette a disposizione (sì, le puoi usare davvero). Puoi rimanere lì delle ore, il libraio se ne resterà in silenzio, ma se provi a domandargli scusi, un testo su… ecco che l’universo si spalanca. Torni indietro da quell’antro, e ripercorri il lato lungo della L, ti ritrovi in quello corto e lì spazio alla narrativa, le storie, l’odore di carta e una parete interminabile di Adelphi (scusate, è una fissazione!).

Da lì, esco con un libro, forse due, ma è l’esperienza che conta, perché quel libro (o forse due) era nascosto, in alto, in basso, sotto altri libri e s’è fatto trovare, m’ha chiamato.

Ecco, queste sono le mie esperienze nelle librerie. Il modo in cui i romanzi “mi chiamano”. E le vostre?

A presto,

G.

editor gloria macaluso bio

10 risposte a “Che romanzi ti chiamano? Vivere le librerie.”

  1. A Tortona (AL) la mia città di nascita c’è una bellissima libreria nel centro storico, di chiama “Namastè book & coffee”; è stata creata da due giovani donne che amano davvero i libri e il loro lavoro. Si trova dentro una corte sotto i portici, quindi location splendida, oltre ai locali della libreria con bar interno comprende anche un’ampia corte dove in estate organizzano eventi accompagnati da degustazioni di vino e cibo locale.

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  2. Al Delfino hanno capito perfettamente che tipo di libri deve proporre una libreria: quelli che da altre parti non si vedono. Se invece entri in una libreria e ti accorgi che hai già visto da qualche altra parte tutti i libri che propone, a quel punto significa che quella libreria non ti ha fatto scoprire nulla di nuovo, e quindi ti passa la voglia di ritornarci. O almeno questo è l’effetto che fa a me.

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