C’è qualcosa di delizioso nello scrivere le prime parole di una storia. Non sai mai dove ti porteranno.
Beatrix Potter
Scrivere non è cosa semplice. Ogni persona che lo ha sperimentato volendo imprimere un pensiero sulla carta ne è consapevole. La scrittura necessità di tanto impegno, di passione e di un accettabile grado di fortuna.
C’è poco o nulla che ispira uno scrittore quanto l’ascoltare le parole di un altro scrittore. Si tratta di un collegamento, una rete di idee capace di marchiare un pensiero e farne fiorire di nuovi. Accade lo stesso in altre arti: se vedessimo come un pittore sfiora la tela con la setola del suo pennello e come trascina il colore da un punto bianco a un altro, allora avremo più motivazione per fare lo stesso.
Eppure, certo, mi piacerebbe non aver visto nulla, né sentito, né provato nulla e poi scrivere qualcosa di totalmente nuovo, estremamente irreale. Ma non sarebbe comprensibile: è l’insieme delle nostre esperienze, dei nostri incontri e delle successive riflessioni che permette alle parole di acquisire il senso di compassione, comprensione e immedesimazione necessario a ogni scritto.
Ecco cosa accade ne Il conquistatore di Hispaniola, il romanzo d’esordio di Giovanni Mandruzzato, la storia di Francisco de Mendoza, nobile figlio di un duca, e della sua compagnia in rotta per una spedizione nel Messico, rotta che troverà approdo nel porto di Hispaniola e lì rimarrà incastrata a svelare nuovi misteri e combattere battaglie ad appena vent’anni dalla scoperta del Nuovo Mondo. In questo romanzo al confine tra storia e fantasia, le emozioni, i pensieri e le azioni rispecchiano sentimenti senza età, movimenti e riverberi che viviamo quotidianamente e ai quali non si può offrire uno spazio temporale. L’atmosfera, invece, ci immerge nel 1512 nell’odierna America Latina. Ma lascio la parola e Giovanni.
- Caro Giovanni, ci racconti di lei. Chi è? Cosa fa nella vita?
Sono un “ragazzo” della classe 1966 nato e cresciuto a Milano.
Svolgo la libera professione di odontoiatra dal 1992.
- Come è nata la passiona per la scrittura? C’è stato un evento “scatenante”? Oppure si è tessuta come la seta di ragno?
Da ragazzino scrivevo storie a fumetti, ma disegnavo e disegno tuttora malissimo. Le mie storie invece, a detta di chi le leggeva, erano belle e potevano fare da sceneggiature per un fumettista. La mia vita ha poi preso un’altra direzione, così la mia vena creativa è rimasta in un compartimento segreto dell’anima. Un viaggio in America Centrale è stato l’evento scatenante di una storia non per fumetti ma per qualcosa di più impegnativo: un romanzo, anzi una trilogia.
- Quali sono gli elementi che più la ispirano? Conosco la storia del suo viaggio in America Latina: come riesce a “ricordare” quei momenti per imprimerli sulla carta? E qui, nella Madre Italia, dove trova la Musa?
Le isole caraibiche hanno paesaggi da sogno, ma pochissime testimonianze dell’epoca della loro scoperta. Per descrivere l’isola di Santo Domingo ai tempi di Cristoforo Colombo ho dovuto usare molta immaginazione. Ad esempio, camminavo sulla spiaggia deserta all’alba per guardare l’oceano privo di imbarcazioni e immaginare di vedere comparire una caravella o una canoa dei caribe, un gruppo di conquistadores a cavallo o un villaggio taino. Nella Madre Italia la Musa arriva dall’osservazione di qualsiasi particolare: un suono, una voce, un colore, una frase, una lettura, una persona, qualsiasi cosa che possa ispirarmi una descrizione, una metafora, un personaggio, una battuta spiritosa, un momento drammatico e così via.
- Mi racconti la sua quotidianità da scrittore. Ha delle abitudini particolari? Io non posso mettere mano sui tasti senza una penna tra i capelli e una tazza di caffè. Forse è banale, ma mi aiuta. E lei?
Scrivo e leggo quando sono libero da lavoro e impegni, preferibilmente nell’ultima parte della giornata quando sono certo di non uscire di casa fino al giorno dopo. La mia abitudine è mettermi al PC in tuta dopo la doccia e lasciare silenziato il telefono per evitare di essere interrotto e perdere il filo del mio ragionamento o, peggio ancora, la scrittura di getto. Mi aiuta un sottofondo di colonne sonore di film che possono evocare l’atmosfera di quanto sto descrivendo.
- Entriamo nel merito. Il conquistatore di Hispaniola. Spieghi ai neofiti del genere la storia del suo volume. Innanzitutto, dov’è ambientato? Qual è lo sfondo storico?
Il romanzo è ambientato a Hispaniola, l’isola costituita dagli attuali stati della Repubblica Dominicana e di Haiti. Lo sfondo storico è l’anno 1512, venti anni esatti dopo la scoperta dell’America e dell’isola stessa. In quegli anni, Hispaniola era una colonia del regno di Spagna e Santo Domingo, sede del governatore, era la sua capitale. Il protagonista, Francisco de Mendoza, al comando di una piccola spedizione diretta nel Messico ancora sconosciuto, si ferma a Hispaniola per fare riparare la nave danneggiata da una tempesta. Questa banale sosta di qualche giorno si trasformerà in una lunga avventura in cui dovrà affrontare, con l’aiuto dei suoi compagni di viaggio, insidie e pericoli di ogni genere.
- Leggendo il libro ho trovato un’atmosfera purissima: ha fatto molte ricerche per scrivere il romanzo? E se sì, dove? Alla vecchia maniera tra volumi impolverati di biblioteche dimenticate? Oppure in digitale?
Ho cercato solo i fatti e i particolari di quegli anni che potevano essere al servizio della trama, eliminando dati fini a se stessi, più adatti a un saggio che a un romanzo. Il digitale mi ha aiutato molto, soprattutto per avere un riscontro immediato, sia storico che geografico, su quello che cercavo. Credo però che l’atmosfera descritta sia frutto del connubio tra le informazioni raccolte e la fantasia di prendere una macchina del tempo e seguire passo per passo i personaggi, vederne le facce, i vestiti, i gesti, le azioni, le reazioni, in poche parole vivere la loro vita.
- Perché ha deciso di pubblicare Il conquistatore di Hispaniola? Qual è il messaggio che vorrebbe trasparisse da questa storia?
Volevo raccontare una storia di persone di carne e non di carta, come mi ha detto di recente un grande scrittore. Volevo trasmettere non solo le loro azioni, ma anche il loro modo di essere, di pensare, di sentire, andando oltre i classici stereotipi di “buoni e cattivi” dei romanzi di avventura. Ad esempio Lucrecia Huerta, antagonista principale di Francisco e villain molto affascinante, è qualcosa di più di una spietata assassina: è una persona che ha sofferto tanto e ha le sue ragioni per essere come è, inoltre si accorge di potere, come tutti, provare non solo sentimenti di odio ma anche di amore. Nessuno è candido come la neve, nessuno è nero come la pece, tutti hanno luci e ombre. Credo che il messaggio principale sia espresso nel comportamento del protagonista del romanzo: non occorre essere per forza dei supereroi per portare un po’ di giustizia. Basta avere umanità, intelligenza, rispetto per le razze, culture e religioni diverse dalle nostre e molto buon senso.
- E adesso il mio pallino fisso: Jana. Ci parli di questo personaggio femminile fuori dagli stereotipi e da ogni pre-formattazione. Come ha unito tutti i “caratteri” all’interno di questa donna? E ci sveli qualche particolare: la sua relazione con Francisco avrà qualche risvolto? E cosa li ha portati a unirsi in una situazione di pericolo e guerra costante?
Per Jana ho pensato a un Robin Hood o un D’Artagnan al femminile, non per niente era una ladra e rapinatrice abile con la spada e il coltello prima di essere arruolata da Francisco. Come Robin Hood si allena, appare, scompare, colpisce, scappa, spia, combatte, scherza, lega con tutti i membri del gruppo… ma non è solo questo. Cammin facendo, il lettore scoprirà una donna sensibile con la sua fragilità, i suoi dubbi, la sua dolcezza, il suo senso protettivo materno e molto altro. Jana è dotata di un coraggio e un’incoscienza senza limiti, ma anche di una capacità di dispensare amore che solo lei possiede tra i personaggi femminili. È stata una sfida per me concepirla così fuori dalle righe. Dopo avere riletto il romanzo, credo proprio di averla vinta. La relazione con Francisco continuerà nei due romanzi successivi della trilogia, di cui entrambi saranno i protagonisti. Sarà una relazione intensa e ricca di imprevisti e colpi di scena. Per l’ultima domanda, credo che l’amore possa nascere quando meno lo aspettiamo e nel periodo meno prevedibile. Un amore come quello tra Francisco, figlio di un duca, e Jana, fuorilegge di origini contadine, non sarebbe mai potuto nascere in Spagna, ma solo in un nuovo mondo lontano dagli schemi e nella condivisione di pericoli mortali, incontrati lavorando a fianco a fianco tutti i giorni. Come se non bastasse i due personaggi hanno caratteri diametralmente opposti: un’alchimia davvero perfetta e spero accattivante per i lettori.
- Usciamo per un secondo dal suo volume. Si è ispirato a un autore in particolare? Meglio, qual è il suo autore preferito? Che genere di narrativa legge?
Leggo romanzi storici, fantasy, gialli o di avventura a seconda dell’ispirazione. Il mio autore preferito è Colleen Mc Cullough, scrittrice australiana. In particolare adoro il suo ciclo di romanzi storici ambientati nell’antica Roma.
- Si interessa di saggi? E se sì, di che tipo?
Leggo per lo più le biografie dei personaggi famosi della storia e le storie delle battaglie.
- Parlando di altri generi. Come vede la sua storia nella società contemporanea? Si potrebbe pensare a un conquistatore ai giorni nostri? E se sì, di che cosa?
Nella società contemporanea, la mia storia potrebbe essere trasferita dal gruppo di esploratori del ’500 a un team di persone, ciascuna scelta per una particolare caratteristica, guidate da un leader in una ricerca archeologica o scientifica (ad esempio in Antartide o sulla luna o dove ci porta la fantasia). Tutto il resto, amore, amicizie, sogni, obiettivi, delusioni, buoni, cattivi, non ha età. Il conquistatore potrebbe essere ancora il leader, conquistatore, come nel romanzo, delle persone che incontra, conosce, aiuta, salva, ama…
- E in questo senso, cosa ne pensa del suo genere? Il romanzo storico tra realtà e fantasia: perché i lettori se ne dovrebbero interessare? Personalmente credo che i romanzi storici si meriterebbero un posto più prezioso nelle classifiche di lettura italiana. Siamo un popolo, prima che un Paese, pieno di storia e dovremmo conoscere anche ciò che ci ha preceduto e qualcosa di più lontano.
Ho sempre amato la storia, ma mi sono sempre rifiutato di imparare le date a memoria o studiare il decorso dei singoli eventi senza capirne le cause e le motivazioni, le molle che hanno spinto l’umanità a fare determinate cose in determinati periodi. Credo che un romanzo storico potrebbe solleticare la curiosità del lettore su vari periodi, approfondirli e farsene un’opinione. La fantasia è la parte più bella perché permette all’autore di dare la sua versione su un personaggio realmente esistito o su un avvenimento specifico. La storia italiana si presterebbe tantissimo a questo genere di narrativa, nel mio piccolo sto lavorando a un progetto di una storia ambientata nella mia Milano nel 1800.
- Le credenze dei popoli che ha raccontato mi affascinano. Ha avuto modo di conoscerne i particolari durante il suo viaggio? Oppure, anche lì, ha effettuato ricerche approfondite?
Sui nativi delle isole caraibiche non c’è molto materiale, né molte testimonianze storiche da parte dei conquistadores a eccezione dei libri di Bartolomé de Las Casas, di cui mi sono fatto raccontare qualcosa da un mio ex professore. Per i taino e i caribe ho dovuto arrangiarmi con qualcosa che ho trovato in rete, arricchendo con la mia fantasia alcuni particolari dei loro riti e delle loro credenze. Mi è stato molto utile, in questo, inserire il personaggio di Miriam, la studiosa veggente della spedizione, che sostituisce la mia voce nell’interpretazione di queste credenze
- In merito alle ricerche. Credo che ogni scrittore ne faccia sempre più del dovuto e si ritrovi poi con un malloppo di usi e costumi che non sono inseriti nel volume. Ho però la certezza che questi studi non siano mai sprecati: imbevono la trama in sottofondo, tra le righe. Che ne pensa?
Niente è mai sprecato. Ciò che non si usa oggi si può usare domani, e tutto fa cultura. Chi fa ricerca ne rimane condizionato a tal punto che, scrivendo, qualcosa traspare, impalpabile ma presente come una fugace comparsata in un film.
- A mio parere, la scrittura è una forma di dipendenza. Ma costa anche tanto lavoro, tempo, passione. Durante la stesura del volume ha vissuto il tanto temuto “blocco dello scrittore”? O una sua forma più lieve? E se sì, come è riuscito a superarlo?
La dipendenza e la passione sono evidenti quando scrivi da tre ore e ti sembrano tre minuti. Ho vissuto il blocco, ma sono riuscito a superarlo deviando dallo schema principale della trama. Per esempio, nel romanzo Francisco e i suoi compagni vengono invitati a una festa da ballo dalla moglie del governatore. Ho concepito l’idea durante il blocco. Ho mollato la storia di punto in bianco e ho lavorato su una mini trama degli avvenimenti della festa apparentemente scollegati dalla trama principale. Mi sono dedicato alla ricerca dei vestiti eleganti dell’epoca sui siti di sartorie specializzate, mi sono documentato su musiche e balli del ’500 per qualche giorno e, superata la crisi, ho collegato la mini trama della festa con la trama principale inserendo nella stessa festa un duello tra Francisco e un contrabbandiere che in origine sarebbe dovuto avvenire altrove.
- Continuando su questa linea: crede che la lettura sia fondamentale per la scrittura? Sono solita leggere in modo analitico anche quando non si tratta di lavoro: sottolineo le espressioni più snelle, quelle sorprendenti, quelle rivisitate. Se non ho una matita tra le dita allora non sto leggendo per davvero. Lei appunta i libri?
Di solito no, ma ho carta e biro a portata di mano perché preferisco scrivere a parte le espressioni che mi interessano. Mi restano più impresse e mi è più facile ritrovarle.
- Mi citi tre dei suoi libri preferiti e mi dica se hanno contribuito in qualche modo alla redazione del Conquistatore.
“Cesare il genio e la passione” di Colleen Mc Cullough.
“L’Azteco” di Gary Jennings.
“L’aquila sul Nilo” di Guido Cervo.
Il primo ha ispirato le abili strategie di Francisco, il secondo ha ispirato la sua futura avventura in Messico in fase di editing, il terzo ha ispirato a descrivere i viaggi nei territori inesplorati.
- Torniamo tra i banchi di scuola. Durante gli studi aveva un autore prediletto? Io ho amato il buon Manzoni e il Sommo Poeta, ovviamente; eppure, più vicini ho trovato Pavese e Fenoglio. Che rapporto aveva con i libri da ragazzo?
Pessimo se dovevo leggerli per obbligo, senza che mi venisse data una motivazione o una chiave di lettura. Come si può far leggere a un ragazzino delle medie Dino Buzzati, senza spiegare almeno chi era e quale messaggio voleva trasmettere? Ho amato Shakespeare, studiato per mia fortuna in letteratura inglese e letto per mio piacere. Avrei amato di più Manzoni e Dante se il mio professore del liceo li avesse insegnati con un minimo di passione e con meno nozioni “alla pappagallo”. Li ho riscoperti molti anni dopo l’epoca dei banchi di scuola, apprezzando soprattutto L’inferno e i Promessi Sposi. Da ragazzino ho amato tre narratori siciliani cari a mia madre: Verga, Pirandello (trovo le sue maschere sempre attuali) e Tomasi di Lampedusa (Il gattopardo è fantastico, sia come personaggio che come ambientazione storica).
- Cambiamo argomento. Le piacciono i film? Il cinema in generale? E la musica? Mi racconti un po’ dei suoi interessi.
Amo tutti i generi di film tranne quelli troppo strappalacrime o quelli troppo splatter. Molte scene del romanzo sono un omaggio ai film più disparati, dalle commedie di Terence Hill e Bud Spencer a Stanlio e Ollio ai film western a Star Wars ai film di Sergio Leone solo per citarne alcuni. Molti personaggi richiamano i personaggi dei film: ad esempio, Alberto Ibanez è il classico dottore col vizio del bere di molti film western. Lucrecia Huerta richiama Artemisia, la sanguinaria comandante della flotta persiana nel film “300 l’alba di un impero”. La stessa idea di un capitano che arruola un gruppo di avanzi di galera per una missione impossibile richiama “La sporca dozzina”. Gli appassionati di cinema troveranno un’infinità di richiami a film di ogni genere all’interno del romanzo.
Sono appassionato anche di telefilm fantasy come “Il trono di spade”, lettore di fumetti come Tex, Zagor e Dylan Dog, appassionato di videogiochi di strategia o di costruzione.Il mio interesse maggiore, comunque, è per i viaggi, possibilmente con l’abbinamento luoghi storici-mare.
- Tralasciando per un attimo la sua esperienza, cosa crede dovrebbe ispirare uno scrittore nella nostra contemporaneità? Insomma, quale libro le piacerebbe leggere che non è stato ancora scritto? Di quale argomento vorrebbe sentire parlare?
Un libro scritto da un giovane in cui i protagonisti sono i suoi coetanei e il loro mondo. Non avendo figli, vorrei conoscere le nuove generazioni, capirle e imparare qualcosa da loro.
- Rimanendo sul filo della contemporaneità: cosa ne pensa dell’industria editoriale in Italia? Quali sono i punti deboli? Cosa si potrebbe migliorare?
Come scrittore esordiente, ho l’impressione che l’editoria sia rimasta un po’ ancorata ai vecchi schemi in cui un autore doveva pregare che qualcuno leggesse la sua opera e si degnasse di rispondergli entro sei mesi se va bene. Fortunatamente al giorno d’oggi si può pubblicare su piattaforme apposite senza passare dall’editore e condividere subito la propria creatura col pubblico, grande o piccolo che sia. Preferisco acquisire più informazioni ed esperienza nel settore per rispondere in modo significativo alle altre due domande.
- Concludiamo con un augurio. Prima a lei, per il suo futuro. Poi ai giovani scrittori. Cosa consiglierebbe loro?
Scrivere è bellissimo, permette di esprimere nei modi più diversi quello che siamo, che sentiamo, che sogniamo. Metteteci sempre passione, motivazione e tantissima volontà.

Ecco dove potete trovare il volume:
Amazon: Il conquistatore di Hispaniola
A presto,
Gloria
12 risposte a “Avventura nel Nuovo Mondo: la scrittura di un romanzo dalle parole di Giovanni Mandruzzato”
molto interessante, grazie!
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Lo è davvero! Grazie a te!
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Ciao…. Lo sto leggendo anche io…. Mi sta piacendo molto… Ti farò sapere …grazie per questo articolo. Lo posso rebloggare?
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Ciao, Alessandra! Certo! Grazie a te
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[…] https://editorgloriamacaluso.wordpress.com/2019/03/13/avventura-nel-nuovo-mondo-la-scrittura-di-un-r… […]
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[…] nativi, al confine del mondo degli Spiriti (potete trovare l’intervista completa all’autore QUI), ed è in questo senso che l’avventura di Francisco acquista credibilità e osservazione: […]
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[…] Link intervista a cura di Gloria Macaluso: https://editorgloriamacaluso.wordpress.com/2019/03/13/avventura-nel-nuovo-mondo-la-scrittura-di-un-r… […]
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[…] di Giovanni Mandruzzato “Il conquistatore di Hispaniola” di cui vi ho già parlato QUI e […]
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[…] Cari lettori, oggi vi teniamo compagnia con le parole di Giovanni Mandruzzato, autore de Il conquistatore di Hispaniola di cui ho parlato QUI, e al quale ho già posto alcune domande sul suo primo volume della trilogia di Avventure nel Nuovo Mondo QUI. […]
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[…] Giovanni. In questi articoli (QUI & QUI) l’abbiamo conosciuta con la trilogia delle Avventure nel Nuovo Mondo. So, però, che […]
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