Io sono tormentato da un’ansia continua per le cose lontane. Mi piace navigare su mari proibiti e scendere su coste barbare.
Herman Melville
Cari lettori, oggi vi teniamo compagnia con le parole di Giovanni Mandruzzato, autore de Il conquistatore di Hispaniola di cui ho parlato QUI, e al quale ho già posto alcune domande sul suo primo volume della trilogia di Avventure nel Nuovo Mondo QUI.
In questa intervista, invece, riprendiamo le avventure di Francisco duca De Mendoza nel secondo volume La città perduta degli Aztechi. Buona lettura!
Caro Giovanni, abbiamo già scoperto qualcosa di lei, ma facciamo un riassunto: chi è, cosa fa nella vita?
Sono un “ragazzo” della classe 1966 nato e cresciuto a Milano. Svolgo la libera professione di odontoiatra dal 1992.
La passione per la scrittura l’ha portato alla stesura de Il conquistatore di Hispaniola (di cui abbiamo parlato QUI), e del secondo volume La citta perduta degli Aztechi. Prima di addentrarci nella trama, ci spieghi, come si coltiva questa passione: è solo questione di disciplina? O serve anche quel pizzico di “follia” tanto cara agli scrittori ottocenteschi?
Nel mio caso la passione ha origini molto lontane. Nell’infanzia amavo i racconti, i fumetti e i film di avventure e da adolescente ho iniziato ad amare la storia e i romanzi storici. Per anni ho immaginato una storia “mia”, anzi mille storie, ma mi è sempre mancata la motivazione di mettermi in gioco. Arrivata la motivazione, ispirata dal viaggio ai Caraibi, mi sono attaccato al PC e ho aperto il vaso di Pandora della mia immaginazione. Poi, per evitare che la “follia” dilagasse, ho messo in atto la “disciplina” con la stessa meticolosità adoperata negli studi universitari prima e nella professione poi.
Adesso ci parli della Città perduta, incontreremo di nuovo i personaggi conosciuti a Hispaniola; senza anticiparci troppo, quali saranno le loro nuove avventure e sfide?
Incontreremo i protagonisti di Hispaniola e molti nuovi, buoni e cattivi, in un mix di personaggi che, mi auguro, sia altrettanto ben riuscito. Le loro avventure saranno molteplici e sempre più pericolose, soprattutto perché il Messico del 1513 è ancora inesplorato, come la faccia nascosta della luna al giorno d’oggi. La grossa differenza con Hispaniola è proprio questa: gli esploratori spagnoli non si muovono più in una lontana emanazione del loro Paese di origine ma all’interno di un impero sconosciuto popolato da civiltà mai venute a contatto con loro. Posso solo anticipare che la difficile ricerca della precedente spedizione scomparsa è solo il preambolo di una serie di peripezie in cui non mancheranno inseguimenti, imboscate, omicidi, avvelenamenti, battaglie, cospirazioni, tradimenti e infine il mistero che avvolge l’origine dei terribili Dei aztechi tra leggende e realtà.
Anche in questo romanzo le figure femminili sono di forte impatto; l’ultima volta ci ha detto “Un amore come quello tra Francisco, figlio di un duca, e Jana, fuorilegge di origini contadine, non sarebbe mai potuto nascere in Spagna, ma solo in un nuovo mondo lontano dagli schemi…”. Anche al giorno d’oggi ci sono amori impossibili, secondo lei? E nel mondo di Francisco, l’amore cerca di superare le convinzioni sociali? Quanto è rivoluzionario?
Credo che certi pregiudizi siano difficili da superare, al di là dell’ostentata apertura mentale di molti di noi. Gli amori impossibili, o comunque ostacolati e censurati esisteranno sempre. All’antico problema della differenza di ceto o estrazione sociale si è aggiunto quello dell’unione tra persone di razze o religioni diverse o tra omosessuali, per esempio. Nel mondo di Francisco, un nobile poteva portarsi a letto qualsiasi genere di donna, ma non certo sposarla. Lui vorrebbe sfidare queste regole e imporre Jana alla sua famiglia ma lei, molto più pratica, sa bene di avere perso in partenza questo tipo di sfida. Non vado oltre per non svelare tutto su questa importante sottotrama, ma posso dire che l’amore tra i due protagonisti avrà un esito davvero rivoluzionario per quei tempi e, forse, anche al giorno d’oggi.
Parliamo del lavoro dietro i libri. Ogni romanzo, a mio parere, è un viaggio dentro di sé, ma anche il frutto di tante ricerche. In La città perduta degli Aztechi si percepisce una grossa ricerca in termini storici e geografici. Quanto tempo ci ha impiegato e cosa della routine da “ricercatore-scrittore” le è rimasto più impresso?
Ricordo un intero mese di agosto in Liguria passato a studiare la civiltà azteca per trarre informazioni interessanti e utili per la mia narrazione. A questo ho aggiunto molte serate tolte alla televisione o alle partite di calcio. Difficile quantificare il tempo passato piacevolmente perché sembra sempre poco, ma posso dire cosa mi è rimasto più impresso di tutto il lavoro con qualche esempio: a un certo punto della narrazione, il precettore Mixtli spiegherà a Miriam come leggere il calendario azteco. Il lettore scoprirà che l’informazione non viene data per puro nozionismo ma serve a Francisco per individuare i giorni in cui la capitale dell’Impero Azteco verrà attaccata dai nemici. Lo stesso vale per le cinque Ere delle leggende Azteche: la loro conoscenza servirà ad aprire la giusta porta all’interno di un labirinto sotterraneo. In definitiva, ho offerto informazioni storiche al servizio della mia trama e non fini a loro stesse. Un mio amico mi ha detto di avere iniziato ad approfondire la sua conoscenza degli Aztechi dopo avere letto il mio romanzo. Non poteva darmi soddisfazione maggiore.
Una domanda che molti autori esordienti si pongono: come dev’essere la routine di uno scrittore-lavoratore? Sappiamo che oggi è difficile “campare” di sola arte, lei cosa ne pensa?
Più che difficile è impossibile. La motivazione e la determinazione sono imprescindibili, ma nascono solo se si crede in quello che si fa. Nel mio caso la routine è sempre stata quella della mia professione e la scrittura tempo libero sottratto ad altro, non credo ci sia una regola generale. Dipende da come è impostata la vita di ciascuno di noi. Del resto, non tutti possono scegliere in piena autonomia il tipo di vita, la libertà che abbiamo è solo apparente, e adesso più che mai, in epoca di quarantena forzata, iniziamo tutti a capirlo.
Avendo avuto il piacere di leggere il secondo volume in anteprima so già che molto della trama è composto da sottotrame che indagano le personalità dei personaggi. Dal dottor Ibanez ad altri e nuovi personaggi. Per lei è importante dare il giusto spazio a ognuno di loro, ma come si può “scavare” nei personaggi quando questi sono inventati? Si è forse ispirato alla vita reale?
Certamente, ma non solo. Mi fa piacere che lei menzioni Ibanez, forse il più umano dei miei personaggi. Nel suo straordinario lavoro di medico ho inserito l’esempio di molti che ho incontrato nella mia professione in ospedale, la sua prontezza nel fare battute mi ricorda quelle che sentivo in sala operatoria e il suo atteggiamento burbero con Jordi, il suo nuovo assistente, mi ricorda le spazzolate che i primari rifilavano ai novellini come me. Le gag e le scene esilaranti tra i due, invece, sono ispirate a comiche alla “Stanlio e Ollio” piuttosto che a commedie di Mel Brooks e molto altro. Riferendomi ai personaggi in generale, per me sono persone di carne e non di carta. Li conosco uno per uno, li vedo, li sento, so cosa aspettarmi da loro e a volte, come nel comportamento controverso di Lucrecia Huerta in Hispaniola, li trovo addirittura imprevedibili, proprio come i caratteri (più che le azioni, non conosco killers di professione!) delle persone che ho conosciuto nella mia vita.
Credo che la storia dei conquistadores sia poco approfondita, anche nelle scuole, lei cosa ne pensa? Perché dovrebbe essere più importante studiare queste popolazioni e la storia delle conquiste?
Ha ragione, purtroppo lo stesso discorso vale per il colonialismo in generale di cui i conquistadores sono stati i primi pionieri. Sarebbe un bene approfondire proprio questo tema, il colonialismo dagli albori (la scoperta dell’America) alla storia contemporanea perché il colonialismo europeo ha originato l’attuale situazione dei continenti più sottosviluppati come l’Africa e tutto quello che ne consegue oggi. L’uomo dovrebbe imparare dai propri errori o li ripeterà sempre. La storia purtroppo, non è mai stata maestra di vita, soprattutto per chi detiene il potere.
Parliamo degli scrittori. Cosa pensa dei romanzi contemporanei? Manca qualcosa agli autori di oggi e se sì, cosa? Io, ad esempio, temo che il “contemporaneo” come oggetto di discussione faccia dimenticare che la storia passata è forse più attuale di quanto si creda.
Sono d’accordo. La storia passata torna in auge solo quando va di moda in un periodo più o meno breve. Per esempio, sull’onda del film Il gladiatore e dei romanzi di Valerio Massimo Manfredi, siamo stati sommersi da romanzi sull’antica Roma scritti da autori di ogni parte del globo. Lo stesso è accaduto per il Rinascimento quando sulla Rai hanno trasmesso I Medici. Senza fare nomi, posso dire che molte di queste opere sono pesanti anche per un appassionato. Gli autori di oggi devono capire che di questi tempi la scorrevolezza e la facile comprensione di chi legge sono fondamentali per non finire, nella migliore delle ipotesi, in fondo a uno scaffale.
Ne La città perduta degli Aztechi molte sono le credenze dei popoli riportate. Quanto erano importanti per loro e quanto, secondo lei, ci hanno tramandato? Ogni religione è, alla fine, anche un insieme di credenze. Il Cristianesimo, ad esempio, al contrario di come si possa pensare, racchiude molte credenze pagane “trasformate e adattate” per la nuova religione nel corso dei secoli.
Per gli Aztechi, come per gli Egizi, la religione era il cardine che regolava la vita di tutti i giorni. Il Calendario Sacro riportato nel romanzo dal personaggio di Miriam ne è la testimonianza diretta. Delle loro credenze (ce ne sono alcune interessanti nel romanzo) a noi europei non è stato tramandato nulla. Diverso è il discorso per i discendenti dei nuovi coloni dell’America Centrale, gli attuali messicani per esempio, che pur essendo cristiani devotissimi hanno conservato, come dice lei, delle credenze pagane “trasformate e adattate” per l’attuale religione. Un esempio famoso è la Nuestra Señora de Guadalupe, appellativo con cui la Chiesa Cattolica venera Maria in seguito a un’apparizione avvenuta in Messico nel 1531 su un colle occupato fino a poco tempo prima dal tempio di una divinità chiamata Tonantzin, parola che in nahuatl significa, guarda caso, “Nostra Signora”.
Questo è il secondo volume di una trilogia. Come mai ha pensato a tre libri, crede che la storia si possa esaurire concluso il terzo o ci saranno altre avventure, magari collegate con i personaggi fino ad ora descritti?
La trilogia è legata essenzialmente al personaggio di Francisco, un conquistador totalmente atipico che volevo far cimentare con la realtà di una colonia del Nuovo Mondo (Hispaniola), la civiltà degli Aztechi e quella degli Incas. Sarebbe stato impossibile raccontare tutto ciò in un solo libro e troppo dispersivo in più di tre. Sto già abbozzando una quarta avventura dedicata a un personaggio del suo mondo (il maschile è riferito al termine di “personaggio” ma non necessariamente alla sua identità) che alla fine della trilogia avrà ancora parecchie cose da dire, Fatto questo “spin-off” si vedrà, ma credo che cambierò epoca e location per “avvicinarmi” di più a casa.
Dove possiamo trovare i suoi libri e qualche curiosità in più sulle avventure nel Nuovo Mondo?
Ogni avventura della trilogia ha un inizio e una fine, ma al suo interno ci sono piccole sottotrame sospese sia nell’ambito dello stesso romanzo che tra due romanzi diversi della trilogia. Una volta scoperti certi misteri, vi verrà voglia di tornare indietro a cercare il collegamento tra i fili. Leggendo alcune cose con attenzione, scoprirete indizi messi a bella vista in tempi non sospetti e magari ignorati. Faccio un esempio: ne Il conquistatore di Hispaniola Jana rimprovera un compagno per avere distrattamente calpestato il terreno che lei aveva appena pulito dalle orme per non essere seguita. Molte pagine dopo si capirà il vero motivo del gesto incauto del compagno.
Potete scoprire di più su Hispaniola e sulla Città perduta sul sito dell’autore QUI in cui Giovanni Mandruzzato approfondisce tematiche divertenti e curiose, dai Conquistatori alla medicina del dottor Ibanez.
Per concludere, oggi non possiamo non parlare della situazione in Italia e nel mondo. Una pandemia che non ci aspettavamo. Ci dica cosa ne pensa, o se preferisce non esprimersi, faccia un augurio.
I virus e i batteri esistono da molto prima della nostra comparsa sul pianeta, si sono moltiplicati e sono sopravvissuti a tutte le Ere dell’umanità, avendo sempre trovato organismi animali da infettare. Studiando proprio la storia, si evince che le pandemie sono sempre esistite, il più delle volte con molte più vittime come nel caso della peste ben descritta da Manzoni. A mio parere l’uomo, negli ultimi decenni, ha abbassato la guardia e smesso di fare medicina preventiva, trascurando sia le regole di igiene più comuni (non dovrei sapere dalla tv che le mani vanno lavate, dovrebbe essere un gesto quotidiano, per non parlare del resto del corpo!) sia le disinfezioni ambientali (basta pensare allo stato in cui spesso ho trovato i treni o gli aerei su cui sono salito) sia l’eccessivo abuso di certi farmaci che hanno finito con il selezionare classi di microrganismi immuni e molto più difficili da abbattere. Noi italiani abbiamo avuto il merito di affrontare per primi il problema in Europa (è un dato di fatto, piaccia o non piaccia il Governo di Conte), ma siamo stati sfottuti o, peggio ancora, marchiati come untori da nazioni che ora, mostrando appieno la loro superiorità creativa e scientifica, copiano i provvedimenti da noi per filo e per segno. Spero che questo serva a fare di noi un popolo più unito e rafforzato da questa durissima prova, ma che ci faccia anche smettere di essere servili e sempre disposti a farci prendere a calci in faccia da gente che, come dimostra la storia stessa, non ha proprio motivi per salire sul pulpito, anzi.
Grazie, Giovanni.
Grazie a lei.
Potete acquistare QUI il secondo volume La città perduta degli Aztechi e QUI Il conquistatore di Hispaniola, entrambi anche in versione ebook.

A presto,
Gloria
4 risposte a “Intervista a Giovanni Mandruzzato – “La città perduta degli Aztechi””
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Anche solo dall’intervista si colgono tantissimi piccoli filoni che viene immediatamente voglia di approfondire leggendo di un fiato il nuovo libro come fatto per il primo.
Spero di averlo presto in mano con un lungo WE per dedicarmi solo alla lettura
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